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La celebrazione della Pasqua: Kerigma della redenzione8. marzo, 2022News, Pasqua, QuaresimaNo commentsTesto del Ritiro a Morlupo per gli operatori pastorali 4-5-6 Marzo 2022
INTRODUZIONELa preparazione, la consegna e la sequela del RedentoreLuca (capitolo 22,1-13) Si avvicinava la festa degli Azzimi, chiamata Pasqua, e i capi dei sacerdoti e gli scribi cercavano in che modo toglierlo di mezzo, ma temevano il popolo. Allora Satana entrò in Giuda, detto Iscariota, che era uno dei Dodici. Ed egli andò a trattare con i capi dei sacerdoti e i capi delle guardie sul modo di consegnarlo a loro. Essi si rallegrarono e concordarono di dargli del denaro. Egli fu d’accordo e cercava l’occasione propizia per consegnarlo a loro, di nascosto dalla folla. Venne il giorno degli Azzimi, nel quale si doveva immolare la Pasqua. Gesù mandò Pietro e Giovanni dicendo: “Andate a preparare per noi, perché possiamo mangiare la Pasqua”. Gli chiesero: “Dove vuoi che prepariamo?”. Ed egli rispose loro: “Appena entrati in città, vi verrà incontro un uomo che porta una brocca d’acqua; seguitelo nella casa in cui entrerà. Direte al padrone di casa: “Il Maestro ti dice: Dov’è la stanza in cui posso mangiare la Pasqua con i miei discepoli?”. Egli vi mostrerà al piano superiore una sala, grande e arredata; lì preparate”. Essi andarono e trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua.
PRIMA PREDICAZIONEI rapporti redentiDal Vangelo secondo Luca (22,14-16. 19-21. 24-34) Quando fu l’ora, prese posto a tavola e gli apostoli con lui, e disse: «Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione, poiché vi dico: non la mangerò più, finché essa non si compia nel regno di Dio». MEDITAZIONE Dopo la preparazione, giunge la Pasqua, il passaggio più importante della presenza di Dio tra gli uomini e donne di quel tempo. Da questo momento si entra come in una grande celebrazione, chiamata “Mistero Pasquale”, che non è un triste memoriale, quanto invece un cambiamento storico e “ontologico” (dell’essere umano). È una celebrazione in tre giorni, che chiamiamo Triduo pasquale, che Gesù stesso ha celebrato per redimere, per liberare, non solo un popolo, ma il mondo intero di ogni luogo e di ogni tempo… Gesù, vero Dio e vero uomo, ha celebrato questo Mistero pasquale per un desiderio ardente di salvare l’umanità; siccome questa celebrazione di tre giorni ha visto in Lui, vero uomo ma anche vero Dio, il sommo sacerdozio: l’energia, l’influsso, l’opera – meglio ancora – lo Spirito, raggiunge storicamente e spazialmente tutto fino alla fine di tutto! Raggiunge noi oggi qui ed ora che ci ritroviamo come commensali di quella tavola pasquale imbandita a festa: è la Pasqua del Signore (Cf Es 12,1-14). Una Pasqua desiderata perché l’umanità si salvi non con le proprie forze, ma per mezzo della Misericordia di Dio. Il traditore è presente e vive l’ultima cena, ma non ferma, anzi attiva, con il suo tradimento, la via della salvezza. Perché Dio in Gesù, ha voluto rendere un servizio alla umanità, non sul piano sociale, ma su quello sacramentale: il peccato Dio lo trasforma in possibilità di redenzione. Il rapporto con Dio, quello con gli altri e, addirittura, anche quello con noi stessi è segnato dal “tradimento”…. Tradimento vero e proprio, tradimento di aspettative, tradimento di lealtà e di onestà, tradimento in tutti i modi in cui possiamo tradire e sentirci traditi… Celebrare la Pasqua significa: far sì che quei tradimenti siano l’attivazione della redenzione di Dio che opera in noi, la redenzione che Dio opera in noi stessi, la redenzione che operiamo con gli altri. Vivere da servitori per il Vangelo significa, nella sua accezione ebraica, vivere da anawim (Numeri 12,3 e Salmi 25,9; 76,10 ) i poveri di Jhawe: che portano pesi sulle loro spalle più pesanti delle loro forze: la Pasqua ci redime dandoci questa non forza di portare i pesi gli uni degli altri (come disse Gesù). La mensa futura è quella del Paradise in cui sederemo come giudici, cioè come giusti, cioè santi. Ma accingerci a celebrare la Pasqua di redenzione significa esporsi alle forze abiette di Satana; se decidiamo di vivere la Pasqua di redenzione, delle forze ostili si fanno molto potenti ma non invincibili. Ma cosa vince le forze ostili di Satana che tenta di non farci vivere la Redenzione gioiosa? Anche qui è una grazia di affidamento a Dio e impegnarci nella perseveranza, nella preghiera e nella conferma della fede ascoltando e testimoniando la Parola di Dio.
SECONDA PREDICAZIONE
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Equipe pastorale… in ascolto25. settembre, 2021Senza categoriaNo commentsI sigilli, i cavalieri e la preghiera dei martiriL’ascolto di Dio, del proprio cuore e dell’umanitàDal libro dell’Apocalisse 6,1-11 Quando l’Agnello sciolse il primo dei sette sigilli, vidi e udii il primo dei quattro esseri viventi che gridava come con voce di tuono: «Vieni». 2 Ed ecco mi apparve un cavallo bianco e colui che lo cavalcava aveva un arco, gli fu data una corona e poi egli uscì vittorioso per vincere ancora. 3 Quando l’Agnello aprì il secondo sigillo, udii il secondo essere vivente che gridava: «Vieni». 4 Allora uscì un altro cavallo, rosso fuoco. A colui che lo cavalcava fu dato potere di togliere la pace dalla terra perché si sgozzassero a vicenda e gli fu consegnata una grande spada. 5 Quando l’Agnello aprì il terzo sigillo, udii il terzo essere vivente che gridava: «Vieni». Ed ecco, mi apparve un cavallo nero e colui che lo cavalcava aveva una bilancia in mano. 6 E udii gridare una voce in mezzo ai quattro esseri viventi: «Una misura di grano per un danaro e tre misure d’orzo per un danaro! Olio e vino non siano sprecati». 7 Quando l’Agnello aprì il quarto sigillo, udii la voce del quarto essere vivente che diceva: «Vieni». 8 Ed ecco, mi apparve un cavallo verdastro. Colui che lo cavalcava si chiamava Morte e gli veniva dietro l’Inferno. Fu dato loro potere sopra la quarta parte della terra per sterminare con la spada, con la fame, con la peste e con le fiere della terra. 9 Quando l’Agnello aprì il quinto sigillo, vidi sotto l’altare le anime di coloro che furono immolati a causa della parola di Dio e della testimonianza che gli avevano resa. 10 E gridarono a gran voce: «Fino a quando, Sovrano, tu che sei santo e verace, non farai giustizia e non vendicherai il nostro sangue sopra gli abitanti della terra?». 11 Allora venne data a ciascuno di essi una veste candida e fu detto loro di pazientare ancora un poco… Meditazione Dopo che Giovanni, presbitero di una comunità, martoriata dalle persecuzioni e da divisioni e lotte interne, si mette in ascolto della voce di Dio che lo invita – nel giorno del Signore, in domenica, evidentemente dopo la celebrazione eucaristica – a “trascendere”, cioè a ricercare in una preghiera più profonda un contatto poi reale con Dio – sali quassù, che fai laggiù ? – comprende nella visione del rotolo della vita, sigillato, che: la storia umana non può essere compresa dalla stessa umanità senza Dio, senza la luce del Cristo risorto. La “spiegazione” dei grandi perché è in Dio, come il rotolo della storia è nelle sue mani e, soltanto colui che è l’Alfa e l’Omega, il primo e l’ultimo – l’Archetipo e la Meta per cui siamo stati creati – ne è il possibile interprete che può illuminare gli uomini; Giovanni scrive al gruppo di ascolto (anche a noi), l’esperienza di fede che può farci vedere la (nostra) storia diversamene e positivamente da come noi la vediamo. Già il fatto che la vittoria del bene sul male e, la possibilità dell’interpretazione sia data ad uno simile ad Agnello come sgozzato (immolato), cioè a Cristo morto e risorto, ce la dice lunga su come il mondo pensi e viva… Il pianto (di Giovanni) dell’umanità, prima che sul piano operativo sulla storia, è sul piano interpretativo: cosa succede? Perché succede? La non conoscenza, ancor più la impossibilità di consapevolezza, porta l’umanità alla paura: dobbiamo avere l’umiltà di accettare che l’umanità non sa darsi spesso e volentieri risposte esaustive e spesso neanche tentarle… Solo l’Agnello immolato, cioè alla luce del Cristo morto e risorto, possiamo cominciare a comprendere qualcosa: è Lui che apre il libro interamente letto ma pienamente sigillato da sette sigilli. Ci soffermiamo solo sui primi cinque sigilli. I primi quattro aprono ad una riflessione sapienziale – cioè una conoscenza fatta alla luce della preghiera in Cristo risorto e alla luce della Sacra Scrittura – sullo svolgimento delle vicende umane sotto l’influsso divino e presentano il confronto continuo tra il Bene ed il male. Nella storia si muovo alcune forze negative: la guerra e le liti, le forme di carestia e di povertà, la morte interiore e quella fisica, alle quali, è contrapposta, una forza positiva e definitiva di Cristo morto e risorto. La visione dell’apertura dei sigilli è sempre scandita dall’ udii. C’è questo continuo invito all’ascolto. Aprire l’orecchio per ascoltare Dio che, come a Giovanni, deve mostrarci delle cose; aprire l’orecchi per l’ascolto del grido della violenza che è dentro e fuori di noi, senza paura; l’ascolto del grido dei poveri vittime della ingiustizia sociale; l’ascolto del grido della sofferenza e del lutto che si alza dentro e fuori di noi. Puntuale nell’apocalisse è sempre l’invito accorato di Dio ad ascoltarLo, ad ascoltare il nostro cuore e ad ascoltare l’umanità. Il primo cavaliere riconosciuto solennemente dalla corona che riceve, dall’arco che rappresenta il giudizio e dal cavallo bianco della resurrezione: rappresenta la presenza nella storia di Cristo nel mondo. Questo primo sigillo non presenta la vita dei trentatré anni di Gesù di Nazareth, ma la presenza storica di Cristo nel mondo dopo la sua morte e resurrezione, presente fino alla fine dei tempi – ecco io sono con voi fino alla fine del mondo – che infonde nei credenti, chiamati a vivere ciascuno nel proprio tempo, la capacità di discernere il bene dal male, di affrontare il male in tutte le sue manifestazioni fini al superamento definitivo. In pratica, l’oggi del cavaliere bianco, è il cristianesimo che si muove nel mondo con la capacità che Dio gli da di discernere il bene dal male e di portare la vittoria di Cristo operata con l’Amore. Il cavaliere rosso fuoco richiama con il suo colore la forza diabolica che attraversa la storia, assecondata da tutti coloro che si arrogano il diritto di togliere l’armonia nel creato tra gli uomini, che minano alla serena convivenza nell’ umanità con la violenza omicida e fratricida, violenza organizzata o privata, di coloro che si rendono incapaci di rapporti autentici minando sempre la pace con l’ira e le minacce… la violenza è permessa da Dio, secondo il disegno di libertà che è proprio della creazione e della scelta umana del bene o del male. Il peccato più grande da riconoscere è prima e innanzitutto questo perché mira contro la stessa essenza di Dio: l’Amore. Il cavaliere nero indica una negatività radicale, si nota un’ingiustizia macroscopica: all’esborso di un denaro viene corrisposta soltanto la dodicesima o l’ottava parte del dovuto. Ciò rende la vita praticamente impossibile a chi vuole mantenersi con il proprio lavoro. Il cavaliere nero sarà ingiusto con lo scambio del grano e dell’orzo a danno delle persone più povere, ma nella pesa non dovrà danneggiare il vino e l’olio a salvaguardia delle persone più benestanti: l’ingiustizia sociale! <<La divisione del mondo in zone di benessere e in zone di miseria… è l’agonia di Cristo oggi. Il mondo infatti è composto di due stanze: in una stanza si spreca e nell’altra si crepa; in una si muore di abbondanza e nell’altra si muore di indigenza; in una si teme l’obesità e nell’altra si invoca la carità. Perché non apriamo una porta? Perché non formiamo una sola mensa? Perché non capiamo che i poveri sono la terapia dei ricchi? Perché? Perché? Perché siamo così ciechi? Signore Gesù, l’uomo che vive per accumulare Tu l’hai chiamato stolto! Sì, è stolto chi pensa di possedere qualcosa, perché uno solo è il Proprietario del mondo. Signore Gesù, il mondo è tuo, soltanto tuo. E Tu l’hai donato a tutti affinché la terra sia una casa che tutti nutre e tutti protegge. Accumulare, pertanto, è rubare se il cumulo inutile impedisce ad altri di vivere. Signore Gesù, fa’ finire lo scandalo che divide il mondo in ville e baracche. Signore, rieducaci alla fraternità.>> (Angelo Comastri, commento VI stazione Via Crucis, Colosseo 2006). Il cavaliere verde putrefazione è colui che porta la morte. Morte intesa come morte vera e propria, morte intesa come incapacità del male naturale che si accanisce sul cosmo e sul corpo umano, morte intesa come morte interiore morale e psicologica… il verde nell’Apocalisse rappresenta la putrefazione ma anche la speranza perché Cristo ha vinto la morte, ha vinto ogni morte. Davanti alla peste, alle malattie, alle carestie e da tutto ciò che viene a portare la morte dalla natura ci chiediamo: <<è ancora possibile credere che una divinità buona diriga il corso delle vicende umane? … una divinità onnipotente o è priva di bontà o è totalmente incomprensibile. Ci sono dei momenti di profonda oscurità, nella vita di un uomo o di una donna, in cui Dio ci appare come un nemico che ci perseguita e ci vuole uccidere. Eppure, per quanto possiamo essere feriti e azzoppati da questa paradossale colluttazione, la nostra disperazione è più forte di Lui e lo “costringe” a benedirci. Dio si lascia vincere dalla sua creatura. Alla fine Dio è nel silenzio. Ci riporta alla regalità di Cristo Crocefisso. Eppure questo “svuotamento” non implica, in realtà, la rinuncia di Gesù alla sua regalità e, più profondamente, alla sua divinità. Anzi, nei vangeli la croce diventa l’autorivelazione e l’autodefinizione insuperabile di Dio. Bisogna ricordarsi di questo quando ci si chiede, di fonte allo spettacolo tremendo del male: dov’è Dio? Forse non lo vediamo perché guardiamo dalla parte sbagliata, verso l’alto, da dove ci sa aspettiamo che arrivi il suo intervento liberatore, invcece, è davanti a noi. La crocifissione. È un nuovo concetto di onnipotenza, adeguata a un Dio che la esercita spogliandosi di se proprio per esser se stesso, pienezza di amore: Dio è amore>> ( Giuseppe Savagnone, il miracolo e il disincanto, EDB 2021). Proprio per questo all’apertura del quinto sigillo, la visione, diventa più realistica e liturgica. I martiri, coloro che crocefissi nella sofferenza, testimoniano comunque la fede in Cristo morto e risorto, gridano verso Dio: fino a quando? È una preghiera gridata non solo da un singolo, ma da una intera comunità di martiri facendo pressione su Dio lo spingono a fare qualcosa, a reagire, in un certo modo, perdonando o intervenendo, secondo il contesto specifico. Fino a quando? È anche il nostro urlo comunitario quando il nostro equilibrio è turbato dal peccato, dall’ingiustizia sociale, dalla sofferenza e dalla morte. Dio reagisce con il dono personale di una veste bianca (segno della resurrezione di Cristo partecipato ai credenti) e con un chiarimento. Il ritardo divino è in funzione di una pienezza che si realizza solo gradualmente, non emotivamente all’istante, ma nel tempo necessario a far maturare in noi e, intorno a noi, la grazia di Dio di un rinnovamento interiore ed esteriore e la resurrezione. Su questi martiri che gridano verso Dio la preghiera comunitaria, fino a quando: si proiettano tutte le preghiere dei viventi sconcertati di fonte alla sofferenza e alla negatività che sono obbligati a constatare. Ancora una volta la fede ci richiede di lasciar fare a Dio, di affidarci a Lui e testimoniare la fede nonostante le sofferenze, a non aspettarci niente dagli altri ma a rimanere nell’attesa dell’azione provvida e al tempo e modo stabilito da Dio.
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