
La celebrazione della Pasqua:
Kerigma della redenzione
INTRODUZIONE
La preparazione, la consegna e la sequela del Redentore
Luca (capitolo 22,1-13)
Si avvicinava la festa degli Azzimi, chiamata Pasqua, e i capi dei sacerdoti e gli scribi cercavano in che modo toglierlo di mezzo, ma temevano il popolo. Allora Satana entrò in Giuda, detto Iscariota, che era uno dei Dodici. Ed egli andò a trattare con i capi dei sacerdoti e i capi delle guardie sul modo di consegnarlo a loro. Essi si rallegrarono e concordarono di dargli del denaro. Egli fu d’accordo e cercava l’occasione propizia per consegnarlo a loro, di nascosto dalla folla.
Venne il giorno degli Azzimi, nel quale si doveva immolare la Pasqua. Gesù mandò Pietro e Giovanni dicendo: “Andate a preparare per noi, perché possiamo mangiare la Pasqua”. Gli chiesero: “Dove vuoi che prepariamo?”. Ed egli rispose loro: “Appena entrati in città, vi verrà incontro un uomo che porta una brocca d’acqua; seguitelo nella casa in cui entrerà. Direte al padrone di casa: “Il Maestro ti dice: Dov’è la stanza in cui posso mangiare la Pasqua con i miei discepoli?”. Egli vi mostrerà al piano superiore una sala, grande e arredata; lì preparate”. Essi andarono e trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua.
- entrò in ritiro rendendomi disponibile alla Parola di Dio della Passione del Signore, ascoltandola non come luttuosa lettura, ma come passaggio, come Pasqua; la rileggeremo prendendo il libro dell’Esodo come riferimento.
- All’inizio del ritiro consegnamo, insieme a Gesù consegnato, quanto abbiamo nel cuore e nella mente: le nostre preoccupazioni, le nostre sofferenze, quanto appesantisce il mio cuore adesso…
- Satana ce la metterà tutta per non farci seguire il Signore.
- La preparazione della Pasqua è un cammino progressivo che fa Gesù e non noi, noi soltanto andiamo dietro a Lui. Non si tratta di lavorare dentro di noi, ma far sì che Lui lavori dentro di noi.
- Ci verrà incontro alla nostra maniera, alla maniera umana del ritiro spirituale, alla nostra maniera di pregare e di rapportarci: c’è una brocca d’acqua che serve a dissetare la nostra sete. Di cosa ho sete?
- Seguilo!
PRIMA PREDICAZIONE
I rapporti redenti
Dal Vangelo secondo Luca (22,14-16. 19-21. 24-34)
Quando fu l’ora, prese posto a tavola e gli apostoli con lui, e disse: «Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione, poiché vi dico: non la mangerò più, finché essa non si compia nel regno di Dio».
Poi, preso un pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: «Questo è il mio corpo che è dato per voi; fate questo in memoria di me». Allo stesso modo dopo aver cenato, prese il calice dicendo: «Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, che viene versato per voi». «Ma ecco, la mano di chi mi tradisce è con me, sulla tavola.
Sorse anche una discussione, chi di loro poteva esser considerato il più grande. Egli disse: «I re delle nazioni le governano, e coloro che hanno il potere su di esse si fanno chiamare benefattori. Per voi però non sia così; ma chi è il più grande tra voi diventi come il più piccolo e chi governa come colui che serve. Infatti chi è più grande, chi sta a tavola o chi serve? Non è forse colui che sta a tavola? Eppure io sto in mezzo a voi come colui che serve.
Voi siete quelli che avete perseverato con me nelle mie prove; e io preparo per voi un regno, come il Padre l’ha preparato per me, perché possiate mangiare e bere alla mia mensa nel mio regno e siederete in trono a giudicare le dodici tribù di Israele.
Simone, Simone, ecco satana vi ha cercato per vagliarvi come il grano; ma io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede; e tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli». E Pietro gli disse: «Signore, con te sono pronto ad andare in prigione e alla morte». Gli rispose: «Pietro, io ti dico: non canterà oggi il gallo prima che tu per tre volte avrai negato di conoscermi».
MEDITAZIONE
Dopo la preparazione, giunge la Pasqua, il passaggio più importante della presenza di Dio tra gli uomini e donne di quel tempo. Da questo momento si entra come in una grande celebrazione, chiamata “Mistero Pasquale”, che non è un triste memoriale, quanto invece un cambiamento storico e “ontologico” (dell’essere umano). È una celebrazione in tre giorni, che chiamiamo Triduo pasquale, che Gesù stesso ha celebrato per redimere, per liberare, non solo un popolo, ma il mondo intero di ogni luogo e di ogni tempo… Gesù, vero Dio e vero uomo, ha celebrato questo Mistero pasquale per un desiderio ardente di salvare l’umanità; siccome questa celebrazione di tre giorni ha visto in Lui, vero uomo ma anche vero Dio, il sommo sacerdozio: l’energia, l’influsso, l’opera – meglio ancora – lo Spirito, raggiunge storicamente e spazialmente tutto fino alla fine di tutto! Raggiunge noi oggi qui ed ora che ci ritroviamo come commensali di quella tavola pasquale imbandita a festa: è la Pasqua del Signore (Cf Es 12,1-14).
Una Pasqua desiderata perché l’umanità si salvi non con le proprie forze, ma per mezzo della Misericordia di Dio. Il traditore è presente e vive l’ultima cena, ma non ferma, anzi attiva, con il suo tradimento, la via della salvezza. Perché Dio in Gesù, ha voluto rendere un servizio alla umanità, non sul piano sociale, ma su quello sacramentale: il peccato Dio lo trasforma in possibilità di redenzione. Il rapporto con Dio, quello con gli altri e, addirittura, anche quello con noi stessi è segnato dal “tradimento”…. Tradimento vero e proprio, tradimento di aspettative, tradimento di lealtà e di onestà, tradimento in tutti i modi in cui possiamo tradire e sentirci traditi… Celebrare la Pasqua significa: far sì che quei tradimenti siano l’attivazione della redenzione di Dio che opera in noi, la redenzione che Dio opera in noi stessi, la redenzione che operiamo con gli altri. Vivere da servitori per il Vangelo significa, nella sua accezione ebraica, vivere da anawim (Numeri 12,3 e Salmi 25,9; 76,10 ) i poveri di Jhawe: che portano pesi sulle loro spalle più pesanti delle loro forze: la Pasqua ci redime dandoci questa non forza di portare i pesi gli uni degli altri (come disse Gesù).
La mensa futura è quella del Paradise in cui sederemo come giudici, cioè come giusti, cioè santi. Ma accingerci a celebrare la Pasqua di redenzione significa esporsi alle forze abiette di Satana; se decidiamo di vivere la Pasqua di redenzione, delle forze ostili si fanno molto potenti ma non invincibili. Ma cosa vince le forze ostili di Satana che tenta di non farci vivere la Redenzione gioiosa? Anche qui è una grazia di affidamento a Dio e impegnarci nella perseveranza, nella preghiera e nella conferma della fede ascoltando e testimoniando la Parola di Dio.
SECONDA PREDICAZIONE
La verità redenta
Dal Vangelo secondo Luca (23,13-30)
Pilato, riuniti i sommi sacerdoti, le autorità e il popolo, disse: «Mi avete portato quest’uomo come sobillatore del popolo; ecco, l’ho esaminato davanti a voi, ma non ho trovato in lui nessuna colpa di quelle di cui lo accusate; e neanche Erode, infatti ce l’ha rimandato. Ecco, egli non ha fatto nulla che meriti la morte. Perciò, dopo averlo severamente castigato, lo rilascerò». Ma essi si misero a gridare tutti insieme: «A morte costui! Dacci libero Barabba!». 19 Questi era stato messo in carcere per una sommossa scoppiata in città e per omicidio.
Pilato parlò loro di nuovo, volendo rilasciare Gesù. Ma essi urlavano: «Crocifiggilo, crocifiggilo!». Ed egli, per la terza volta, disse loro: «Ma che male ha fatto costui? Non ho trovato nulla in lui che meriti la morte. Lo castigherò severamente e poi lo rilascerò». Essi però insistevano a gran voce, chiedendo che venisse crocifisso; e le loro grida crescevano. Pilato allora decise che la loro richiesta fosse eseguita. Rilasciò colui che era stato messo in carcere per sommossa e omicidio e che essi richiedevano, e abbandonò Gesù alla loro volontà.
Mentre lo conducevano via, presero un certo Simone di Cirène che veniva dalla campagna e gli misero addosso la croce da portare dietro a Gesù. Lo seguiva una gran folla di popolo e di donne che si battevano il petto e facevano lamenti su di lui. Ma Gesù, voltandosi verso le donne, disse: «Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli. Ecco, verranno giorni nei quali si dirà: Beate le sterili e i grembi che non hanno generato e le mammelle che non hanno allattato. Allora cominceranno a dire ai monti: Cadete su di noi! e ai colli: Copriteci!
MEDITAZIONE
Dopo la cena pasquale ebraica in cui Gesù ha annunciato la sua consegna che si farà pane e vino per l’umanità, comincia un gran movimento. L’arresto, i vari gradi di giudizio tra Pilato, Erode e poi di nuovo Pilato, poi la via verso il luogo detto del Cranio… Un grande movimento che in tutta la sua drammaticità non ci distolga da quello che realmente stava – e sta – accadendo: la redenzione, la liberazione! (Es 13,17-22 e Es 14,1-14). Il cammino di Gesù è il servizio di Mose: sta conducendo l’umanità, portandone tutti i pesi, da una parte, all’altra… Da una verità di morte ad una verità di vita eterna! Tutti riuniti davanti a Pilato, Ecce homo – ecco l’uomo – ecco l’umanità, l’umanità di un Gesù traballante e già insanguinato. Non è una visione triste in se per Gesù, ma è la triste visione dell’umanità ferita dai suoi stessi peccati! Il Cristo già sofferente presentato da Pilato è la “visualizzazione” della verità umana… Dell’umanità che non preferisce la Verità del Vangelo annunciata da Cristo,
Figlio di Dio, ma opta per la libertà di Barabba; ironia della Barabba significa: figlio del padre… una frase di Giovanni Paolo II riprendendo un versetto di Gesù sui Vangeli l’ha pensata e riflettuta così: la verità (cioè il Vangelo di Gesù Cristo) ci farà liberi e non è la libertà che ci farà veri… C’è molto da meditare ai questa frase…
Quando crescono le grida interiori ed esteriori è perché si presume di avere la verità in mano, ma in realtà grifiamo non perché abbiamo capito la verità, ma perché cerchiamo la libertà? Ma da cosa? Redimere la Verità significa addossarsi la croce di tutti i giorni e seguire il Signore: non per penitenza, non per masochismo religioso, non perché saremo chiamati eroi, ma perché questo è il rituale della Pasqua che ci porta alla salvezza, alla libertà eterna. Le forze ostili, le grida, la violenza, il tradimento, le lotte e quant’altro – visualizzate sul corpo dell’ Ecce homo, di Gesù martoriato – sono la verità sull’umanità. Questa immagine di Gesù non deve farci sentire in colpa, né drammaticamente suggestionati nel sentimento, quanto invece deve redimere le nostre verità interiori gridate fuori di noi: l’Innocenza di Cristo non ci giudica ma ci rivela la verità su chi siamo. I lamenti che accompagnano il corteo pasquale di Gesù, i lamenti e le persone che si battono il petto ma anche ingiuriano e bestemmiano contro di Lui, non sono per noi importanti per descriverci la gogna che lo ha offeso, quanto invece per annunciarci l’Esodo da questa vita al quella nuova: è la Pasqua del Signore, non rifugiamoci sotto “grotte” che ci cadranno addosso (Ap 16): ma facciamo sì che le nostre verità siano Rendente dalla Innocente, pura e semplice Verità di Cristo che ci libera; come: redimendo la nostra verità attraverso la Parola di Dio.
TERZA PREDICAZIONE
La morte redenta
Dal Vangelo secondo Luca (23,33-46)
Quando giunsero al luogo detto Cranio, là crocifissero lui e i due malfattori, uno a destra e l’altro a sinistra. Gesù diceva: «Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno». Dopo essersi poi divise le sue vesti, le tirarono a sorte.
Il popolo stava a vedere, i capi invece lo schernivano dicendo: «Ha salvato gli altri, salvi se stesso, se è il Cristo di Dio, il suo eletto». Anche i soldati lo schernivano, e gli si accostavano per porgergli dell’aceto, e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». C’era anche una scritta, sopra il suo capo: Questi è il re dei Giudei.
Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e anche noi!». Ma l’altro lo rimproverava: «Neanche tu hai timore di Dio e sei dannato alla stessa pena? Noi giustamente, perché riceviamo il giusto per le nostre azioni, egli invece non ha fatto nulla di male». 42 E aggiunse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». 43 Gli rispose: «In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso».
Era verso mezzogiorno, quando il sole si eclissò e si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio. Il velo del tempio si squarciò nel mezzo. Gesù, gridando a gran voce, disse: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito». Detto questo spirò.
MEDITAZIONE
La celebrazione della Pasqua è arrivata ad un momento decisivo: l’Autore della vita muore come un infame malfattore, cioè come un peccatore, Lui innocente senza peccato! Ancora una volta non ci suggestioni qui la pietà sentimentale oggi, quanto invece la realtà: il peccato ha originato la morte, Dio si è accollato e addossato i nostri peccati, il suo Figlio ha pagato il debito per noi in una parola: perdonali. Non sanno quello che fanno. Non sanno quello che fanno non solo in senso storico dovuto alla sua persona,ma il peccato è non sapere quello che facciamo! Una vita divisa come divise sono le loro vesti, una mente ed un cuore divisi nella stesa persona che. In fa “sintesi” delle scelte senza rifletterne sul senso… Redimerci dalla morte significa ritrovare in noi quel criterio di unità con noi stessi ed il prossimo che vince! Il Cristo appeso alla Croce, come il bastone di Mose’ steso e innalzato davanti al mare che si apre (Es 14,15-31), ci apre a questa visione di popolo: c’è una strada aperta miracolosamente che attraversa il mare – la morte – per farci arrivare alla terra promessa, al Paradiso così poco o così tanto desiderato. Il primo canonizzato santo della storia è un peccatore omicida, il buon ladrone. Noi peccatori come lui, crocefissi dai nostri stessi peccati e da quelli degli altri possiamo solo affidarci: ricordati di me nel tuo Regno. Forse è la preghiera ripetitiva – del cuore – che possiamo innalzare a Dio: ricordati di me nel tuo Regno. Gesù qui pronuncia le parole più consolanti che abbia mai proferito nel Vangelo: sarai con me in Paradiso!
Finalmente il “mare della morte” si apre, tra mezzogiorno e le tre la celebrazione della Pasqua diventa visione di un nuovo modo di credere – il vecchio testamento, come il velo del tempo, si squarcia – in Dio, un nuovo modo, quello redento, di vedere la nostra vita alla luce della passione, morte e resurrezione del Signore. Finalmente la morte si apre come il mar rosso e noi potremo passarci dentro, perché Lui morendo, spirò il Suo Spirito in noi! Come respirare, come inalare questo Spirito che vince la morte, che vince ogni morte? Con la Parola di Dio!
QUARTA PREDICAZIONE
La storia redenta
Dal Vangelo secondo Luca (23,47-56.24,1-7)
Visto ciò che era accaduto, il centurione glorificava Dio: «Veramente quest’uomo era giusto». Anche tutte le folle che erano accorse a questo spettacolo, ripensando a quanto era accaduto, se ne tornavano percuotendosi il petto. Tutti i suoi conoscenti assistevano da lontano e così le donne che lo avevano seguito fin dalla Galilea, osservando questi avvenimenti.
C’era un uomo di nome Giuseppe, membro del sinedrio, persona buona e giusta. Non aveva aderito alla decisione e all’operato degli altri. Egli era di Arimatèa, una città dei Giudei, e aspettava il regno di Dio. Si presentò a Pilato e chiese il corpo di Gesù. Lo calò dalla croce, lo avvolse in un lenzuolo e lo depose in una tomba scavata nella roccia, nella quale nessuno era stato ancora deposto. 54 Era il giorno della parascève e già splendevano le luci del sabato. Le donne che erano venute con Gesù dalla Galilea seguivano Giuseppe; esse osservarono la tomba e come era stato deposto il corpo di Gesù, poi tornarono indietro e prepararono aromi e oli profumati. Il giorno di sabato osservarono il riposo secondo il comandamento.
Il primo giorno dopo il sabato, di buon mattino, si recarono alla tomba, portando con sé gli aromi che avevano preparato. Trovarono la pietra rotolata via dal sepolcro; ma, entrate, non trovarono il corpo del Signore Gesù. 4 Mentre erano ancora incerte, ecco due uomini apparire vicino a loro in vesti sfolgoranti. Essendosi le donne impaurite e avendo chinato il volto a terra, essi dissero loro: «Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risuscitato. Ricordatevi come vi parlò quando era ancora in Galilea, dicendo che bisognava che il Figlio dell’uomo fosse consegnato in mano ai peccatori, che fosse crocifisso e risuscitasse il terzo giorno».
MEDITAZIONE
La celebrazione della Pasqua è terminata ma non è finita. Questa celebrazione continua nella nostra vita con la grazia del respiro di Gesù in noi, con la grazia dello Spirito santo! La morte di Gesù ha cambiato la vita a Giuseppe di Arimatea, a tanta gente che ha assistito alla sua morte e si percosse il petto.
La tomba chiusa dice come questo mare di morte si sia richiuso in se stesso, anche se sembra che tutto debba ancora cominciare con fatica (Es 15 e 16 ecc.) come dalla gioia e la lode di Israele salvato dalla morte omicida degli Egiziani si ritrovi miracolosamente passato all’altra riva ! Il mare di morte non c’era più! La visione più completa può darcela lo scenario della Gerusalemme futura (Ap 21) che celebra il culmine della celebraIone pasquale.
Il mare si è chiuso dietro gli israeliti inseguiti dal terrore della morte , il velo del tempio che racchiudeva la “presenza di Dio” è squarciato, la pietra è rotolata,la tomba della morte è aperta, la croce solitaria insanguinata e da smontare, Gesù non sapevano che fine avesse fatto… La celebrazione dei tre giorni della Pasqua di Gesù hanno redento l’umanità dal peccato e dalla morte. C’è bisogno, come per Israele, di camminare, insieme, perché la salvezza è un fatto di popolo e non privato, di camminare insieme attraverso le terre desertiche e fertili del mondo e della storia. Celebrare la Pasqua è sempre far morire in noi un modo di credere, una certa religiosità che ci vuole riportare indietro – come chi si lamentava e arrabbiava con Mose dopo l’esodo – e abbracciare il risorto, il redento che già è in noi! A chi ci indicherà la via? Chi ci darà occhi per vedere e camminare per le valli della vita (Sal 22)? Chi ci spingerà avanti nel cammino desertico e anche pieno di oasi, fatto di sorprese belle e tragedie improvvise? Chi ci guiderà alla “terra promessa” a cui aspiriamo ma anche non aspiriamo? La celebrazione ci ha lasciato una guida sicura, un nuovo Mose’ che ci accompagna e ci dona lo Spirito santo: la Parola di Dio!
Testi consigliati:
Abate Monaco del monastero cistercense di San Bartolo, Abbi a cuore il Signore, a cura di Daniele Libanori, XVII. Ferrara.
Giuseppe Savagnone, miracolo e disincanto, EDB, 2021.
Lectio a divina sul Vangelo
di domenica 13 Marzo
Il Kerigma della Trasfigurazione
Luca (9,28-36)
In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elìa, apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme.
Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; ma, quando si svegliarono, videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui.
Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elìa». Egli non sapeva quello che diceva.
Mentre parlava così, venne una nube e li coprì con la sua ombra. All’entrare nella nube, ebbero paura. E dalla nube uscì una voce, che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!».
Appena la voce cessò, restò Gesù solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che avevano visto.
MEDITAZIONE
Questo raconto segue il primo annuncio della passione del Signore : la condizione umana del portare la croce dietro Lui… Nonostante la predicazione potente di Gesù, i suoi miracoli, i suoi esorcismi, i discepoli si trovano ad ascoltare – prima della trasfigurazione – un triste epilogo e una triste missione: Cristo morirà in croce e tutti dobbiamo prendere la nostra croce… <<In Gesù non vi sono tracce dell’uomo “riuscito”, dell’uomo che ha realizzato se stesso. Nessuna delle sue azioni lascia intravedere l’idea di trionfo, della vittoria. Gesù è un dissidente dal potere… non abbiamo bisogno di apparire come superuomini per essere gradi a Dio (Battista Borsato, Etica dell’imperfezione, EDB, 2019). Parole di un destino che sembra luttuoso per lui e amaro per noi.
Ma dopo queste parole di annuncio della Passione e morte di Gesù e, dopo aver annunciato, che portare il peso della croce fa raggiungere la salvezza, in questo racconto Gesù rivela la sua natura divina e annuncia la resurrezione! Porta i discepoli con se ….
<<È il racconto della Trasfigurazione del Signore. Una pagina della storia di Cristo,
tra le più belle, spiendide e misteriose. Gesù, di notte, su di una montagna, all’aria aperta, forse durante la primavera, con tre suoi Discepoli: Pietro, Giovanni e Giacomo. Mentre questi, stanchi per l’ascesa, sostano a riposare sull’erba, Gesù si allontana alquanto per attendere alla preghiera, come sempre faceva durante le ore notturne: «Erat pernoctans in oratione Dei», ci ricorda San Luca>> (Paolo VI, commento al Vangelo della Trasfigurazione, Roma, Febbraio 1967).
La salita montanara ed il sonno dei discepoli ci chiarifica bene quanto sia faticoso pregare; ma quando si sale in montagna più si fatica più si aprono scenari di visuali stupende e si dischiudono nella nostra interiorità nuove forze di noi stessi che non conoscevamo. Veramente la preghiera, questo sentiero in salita come un sentiero di montagna: può cambiarci la vita, può farci vedere le cose diversamente, sotto un’altra luce, trasfigurate.
Nella notte della stanchezza i discepoli, portati da Gesù lassù, lo vedono pregare e nella preghiera si autorivela… La preghiera vera ha sempre questa capacità, di rivelarci Dio e noi stessi! In Gesù che prega la sua divinità diventa visibile nella luminosità, la morte di cui si parlava non prevarrà perché, il corpo che ora mostra, è il corpo del risorto seppur ancora in vita. Mose’ ed Elia appaiono proprio per annunciare il superamento della morte nell’ “Esodo” di Gesù e, anche confermano, che Gesù è il Messia tanto atteso dal popolo ebraico: tutta la legge ed i profeti, tutto l’Antico Testamento si rifà a Lui, è preparazione a Lui, è profezia di Lui!
<<Il destino di Gesù che si manifesta nella trasfigurazione, illumina – dice ancora Paolo VI – il nostro destinoper divenire come il Figlio di Dio: risorti. Dentro, noi mortali. Abbiamo la morte, ma anche la resurrezione>>.
Pregare, San Pietro lo ha compreso con gioia, pregare veramente, insieme e da soli, è: quel momento, quel tempo che vola, quel periodo in cui riposi contemplando il mistero dell’amore di Dio, quel tempo che vorresti non passasse più, come per Pietro che vuole fare delle tende per quanto quel tempo è stato bello! Il destino, parola irriverente per chi crede, può essere modificato da noi, accettato come croce, trasfigurato come risorti in Cristo risorto… Ma la trasfigurazione ci chiama ad un cambiamento interiore, ci chiama ad uscire dalla precarietà del non trovare il tempo e lo spazio per pregare e gustare l’amore di Dio che si esprime anche nella comunità…
Questo racconto ci aiuta, ci sprona e ci insegna a pregare. Come i discepoli hanno avuto paura della nube, che dall’antico testamento rappresenta la presenza di Dio, spesso abbiamo paura di incontrare veramente il Signore, di fare il salto nella grazia di Dio. La nube ci parla, sotto la nube siamo coperti da Dio, dalla sua presenza; Dio ci copre, ci dona uno stato di grazia, ci dona lo Spirito santo. Abbiamo un po’ perso di vista lo stato di grazia come momento soprannaturale come se fosse magia… Ma la preghiera vera, il reale rapporto con Dio, ha dei momenti di esperienza soprannaturale nello Spirito santo!
Cosa può portarci a questo stato interiore di contemplazione? Ce lo dice Dio Padre su questo Vangelo: ipsum audite, ascoltate Lui! L’ascolto è faticoso come salire in montagna, porterà a vette eccezionali dello Spirito. Solo un rapporto continuo con la Parola di Dio ascoltata e meditata ci fa entrare in questa confidenza con Cristo, ci annuncia la morte ma anche la resurrezione, trasfigura la nostra vita anche il peccato e, ci apre alla contemplazione; dal latino contemplāri, significa “attrarre qualcosa nel proprio orizzonte, osservare“ . La Parola di Dio ci può aprire alla contemplazione, sta a noi renderci disponibili all’ascolto contemplativo della Parola di Dio, quando, prima di leggerla, così prego: <<prendi, Signore, e ricevi tutta la mia libertà, la mia memoria, la mia intelligenza e tutta la mia volontà, tutto ciò che ho e possiedo; tu me lo hai dato, a te, Signore, lo ridono; tutto è tuo, di tutto disponi secondo ogni tua volontà; dammi il tuo amore e la tua grazia; questo mi basta>> (santi’Ignazio di Loyola, Esercizi spirituali, quarta settimana). Lasciamoci prendere dalla chiamata di Dio Padre che ci invita all’ascolto della Parola del Figlio suo, lasciamoci prendere da Gesù Cristo che ci chiama a seguirlo ed a condividere la sua stessa missione, lasciamoci prendere dallo Spirito santo che ci chiama e ci “rapisce” nell’amore…!
Lectio divina sul Vangelo
di domenica 20 Marzo
Ho osservato la miseria…
(Es 3,7)
Dal Vangelo secondo Luca
(Lc 13,1-9)
In quel tempo si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subìto tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Tàglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».
MEDITAZIONE
Due fatti di cronaca vengono portati all’attenzione di Gesù, due fatti di miseria umana che riassumono il male che c’è nel mondo: uno di cattiveria umana e l’altro di disastro naturale. Ma che hanno fatto di male le vittime di questi fatti di cronaca? In qualche modo stiamo vivendo due fatti di cronaca ancora più eclatanti: la pandemia del Covid e il genocidio in Ucraina. La storia si ripete, più o meno tragicamente, nei suoi fatti di cronaca, della cronaca del Male; possiamo fare anche noi una riflessione di cronaca della nostra storia personale…
Il tema che ci interpella è molteplice e sembra essere: la colpa, la giustizia e la morte. Questi fatti ci mettono sgomento, tristezza, paura… Perché i colpevoli della guerra sopravvivono? Forse Dio è il colpevole delle tragedie naturali? Perché Dio non “taglia” la vita ai cattivi e perché permette le catastrofi ambientali e le pesti? Ci troviamo davanti ad una, sembra, impossibilità di farci qualcosa, di non poter cambiare il corso di questa cronaca nera sia mondiale che personale, di non riuscire a piegare il cuore di Dio al bisogno giusto della pace nel mondo e della sopravvivenza. Ma che cos’è la pace nel mondo? Che cosa è la sopravvivenza? Il male non è uno o più problemi, il male è il problema! In Esodo (3,7)- come qui Gesù nel Vangelo (e se leggessimo l’apocalisse è tutto così…) – Dio dice a Mose’: ho osservato la miseria del mio popolo. Dio si limita ad osservare, come Gesù a richiamare: alla conversione? Questo Vangelo è una provocazione bella e buona, ma anche molto forte, su quale immagine di Dio ci siamo fatti! In Esodo, Dio, in un ampio spazio e in un lungo tempo, ha salvato Israele: ma quanto ci è voluto! Quante generazioni sono passate prima che Israele arrivasse alla terra promessa!
Il problema è il male, ma anche il punto di vista di Dio che osserva lo spazio ed il tempo dell’umanità diversamente da come la vediamo noi… Ci vede dall’alto? Ci vede da vicino? Ci vede sfogati? Ci vede dal fianco? O ci vede da sotto? Come ci vede Dio? Da quale angolatura, da quale lato, da quale posizione, da che parte sta? Sta dentro, sta dentro di noi mentre noi lo cerchiamo fuori… (come direbbe s. Agostino)! Ma noi cambiamo il punto dí osservazione, o meglio, ci limitiamo a non osservare, ci limitiamo ad analizzare. <<Sono tre anni che vengo a cercare frutti su questo albero, ma non ne trovo… proprio per l’escamotage che riusciamo a fare… si, facciamo l’analisi politica, l’analisi economica, l’analisi sociologica, l’analisi psicologica, tutta una serie di analisi, che sono come una specie di fuoco difensivo, in modo da tenere al coperto la nostra realtà più profonda. Ma l’evangelista potrebbe volerci dire anche: Smettila con questo fuoco di sbarramento, e vieni allo scoperto, perché puo darsi che proprio quell’evento lì , che ti è capitato tra capo e collo nella vita, sia l’evento provocatore di Dio che apre finalmente alla necessità di dare il frutto, che è il frutto della tua vera conversione>> (Innocenzo Gargano, commento al Vangelo di Luca).
Senza la conversione, cioè senza trovare Dio dentro di noi, siamo tutti deboli: questo è il problema del male. Il male ci rende e ci fa sentire deboli!
Il male è la nostra debolezza! La debolezza ci fa prendere atto che non ce la facciamo con il male grande! <<La «debolezza» è anche la chiave di lettura indispensabile per comprendere il senso dei «castighi» di Dio agli uomini… La verità è che bene e male si mescolano inscindibilmente, così avviene, lo abbiamo visto, nella natura, dove la vita e la morte, la gioia e la tristezza, il piacere e il dolore, sono sempre connessi; e così avviene a livello morale, dove la bontà e la cattiveria, su questa terra, non possono mai essere separati. Per questo la provvidenza, che fa fiorire i gigli del campo e ha cura del passero, non può impedire lo sfiorire degli uni e la morte dell’altro. Per questo – mistero ancora più terribile – il Dio che ha creato il miracolo della nostra libertà, la rispetta anche quando essa viene usata per uccidere, stuprare, sfruttare. La storia del mondo è segnata dalla pazienza di Dio, che contrasta con l’impazienza degli uomini.>> (Giuseppe Savagnone, il miracolo ed il disincanto).
La parabola del fico ce lo spiega. La giustizia umana si aspetta da Dio: taglialo! La misericordia di Dio dice: lascia, perdona e attendi… Convertirsi a questo stato di osservazione interiore significa contemplare che il problema è il male, ma, come diceva il card. Newman, spesso il problema, è la soluzione: il male è la soluzione? Ecco perché Dio lo lascia fare… Nel male ci accorgiamo, se vogliamo, che siamo chiamati a cercare Dio dentro di noi e quindi cambiare il punto di osservazione.
Un maestro di monaci del 1600 così predicava: <<Voglio indicarti un altro luogo nel quale il Signore ci viene incontro. È la debolezza. Anche tu, come ognuno, sei intimidito dalla tua fragilità. Ogni volta che essa appare insopportabile fai ogni sforzo per dissimularla. Sentirsi deboli e incapaci, infatti, fa sentire minacciati. Ebbene, se diventerai capace di accettare veramente di cuore di essere una creatura debole, fragile, incapace di salvarti da solo, potrai sentire la presenza buona di Dio, che da vero padre soccorre, sostiene e consola… Quanto più ci sentiamo deboli, tanto più siamo inclini a nascondere la nostra fragilità. Apparendo forti: siamo come quegli animali che essendo piccoli gonfiano il pelo per apparire più grandi e minacciosi nel tentativo, spesso inutile, di intimidire l’avversario>> (Maestro di San Bartolo, Abbi a cuore il Signore).
Il mondo doveva finire con la venuta del Messia, ma Dio ha lasciato all’amanita’ ancora tempo per la conversione, per cercarlo nelle proprie debolezze.
Il problema è che il male del mondo ci fa provare le nostre debolezze, ma il problema del male diventa la soluzione alle nostre debolezze annunciandoci la croce che è segno emblematico di ogni debolezza! Il nostro problema allora sembra essere in fondo in fondo non il male, ma la morte! Ma la morte, ancora una volta, se è il problema, è anche la soluzione perché, cercando Dio: troveremo la Salvezza!
Lectio divina sul Vangelo
di domenica 27 Marzo
CONVERSIONE:
DALLA CONNESSIONE ALLA COMUNIONE
L’attesa del Padre
La vulnerabilità del figlio: vergogna e paura
La compassione del Padre
Dal Vangelo secondo Luca (Lc 15,1-3.11-32)
In quel tempo, si avvicinavano Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro».
Ed egli disse loro questa parabola: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre.
Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.
Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».
MEDITAZIONE
La mormorazione dei perfezionisti farisei indica un Gesù che accoglie senza vergogna e paura, anzi con una certa empatia: i peccatori. Così la parabola che ne segue è un insegnamento profondo su chi è l’uomo e chi è Dio…E: chi è l’uomo per Dio?
Dio è il Padre dell’umanità che ha dato in eredità alla umanità stessa il valore più grande che è prova di amore: la libertà!
Il Padre della parabola non sembra essere in connessione con i suoi figli, sia con il minore prodigo, che con il maggiore che è sempre stato con lui… La connessione tra umani da scopo e significato alla nostra vita, ancor più la connessione tra l’umanità e Dio… Ma questa connessione spesso, o non viene a crearsi, oppure, si spezza. La comunione spezzata è quel desiderio di libertà da Dio e, spesso anche dal prossimo (spesso anche da noi stessi), che ci spinge a rompere i rapporti, con Dio o con il prossimo. Ma senza connessione siamo vulnerabili.
La vulnerabilità è il primo elemento positivo ed essenziale che fa “ritornare” il figlio minore, la vulnerabilità non è sintomo di debolezza, ma è il cuore della vergogna e della paura: padre ho peccato contro il cielo è contro di te, non sono più degno… pensava tra se il figlio minore con paura e vergogna prima del ritorno. Ha fallito il suo progetto di vita, ha fallito disconnettendosi con il padre: il fallimento è una costante umana di paura per la vergogna che provoca… il fallimento del figlio minore ti sussurra: non sei all’altezza, non vali abbastanza, non sei pulito e, ti fa sentire, che non meriti più questa connessione, che non ne sei capace…
La grandezza di questo figlio minore, quella che Dio si aspetta da noi, non è quella del biasimo, che risulta essere un modo per scaricare il dolore ed il disagio – voleva mangiare delle carrube dei porci ma nessuno gliene dava – ma, riconoscere i propri errori, i propri fallimenti ed affrontare la vergogna e la paura: ho peccato contro il cielo è contro di te e, chiedere perdono…
La via delle perfezione della fede non sta tanto nell’essere infallibili, precisi, forti e motivati, come il figlio maggiore, quanto invece: nell’essere veri, nel fare della vulnerabilità il punto di forza grazie il quale il Padre ci viene incontro senza recriminarci, guardandoci vergognosi e impauriti, ma ridandoci la dignità di suoi figli!
Ritornare a Dio e ritornare a noi stessi, alle connessioni tagliate, alla comunione negata: ritornare a Dio, ai nostri fratelli e a noi stessi constatando la nostra vulnerabilità che ci porta alla vergogna e alla paura. Il figlio prende coraggio nella decisione del ritorno (cor da cuore), riceve la compassione del Padre e con Lui connette un rapporto di comunione… Si passa dalla mancata connessione alla comunione!
La festa è questa compassione del Padre per la vergogna e la paura del figlio, la festa è questo amore di empatia profonda che si instaura tra i due, la festa rende certo l’Amore, che prima era incerto o perso! La vulnerabilità – diremmo il peccato – diventa essenziale, se riconosciuta e accettata di me e degli altri, che, espone alla vergogna e alla paura, ma ci dice che noi: siamo abbastanza! Che noi così come siamo piacciamo a Dio, che noi – nonostante i fallimenti che chiamiamo peccati – valiamo per il Padre la morte di Cristo in Croce!
L’accoglienza del padre al ritorno del figlio minore descrive l’Empatia divina per l’umanità e, quell’empatia di Cristo che attira i peccatori, è l’antidoto alla vergogna come per il figlio prodigo: L’empatia , che coniugata al livello delle virtù della teologia, significa carità, amore per il prossimo, possa non farci connettere ma aprire alla comunione con noi stessi, con Dio e con il nostro prossimo.
Dio sta sempre in attesa di noi: di un ritorno, di un riscatto, di una crescita, di un rapporto autentico che osi tanto con Lui e con il prossimo.
Lectio Divina sul Vangelo
di domenica 3 Aprile 2022
Chi è senza peccato scagli la pietra…
La misericordia messa alla prova
Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 8,1-11)
In quel tempo, Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro.
Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo.
Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. Tuttavia, poiché insistevano nell’interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani.
Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più».
MEDITAZIONE
Ancora una volta una umanità moralista e legalista mette alla prova, sotto esame, Gesù. In realtà non è la donna ad essere “sotto processo” in questo caso, ma è Gesù ad esserlo… La donna ed il suo peccato, che in quel tempo era reato, è soltanto un modo subdolo per smascherare il pensiero di Gesù sul peccatore e sul peccato.
Gli insegnamenti di Gesù attirano tante persone perché portano Dio alla portata dell’uomo, perché ridanno all’uomo la dignità di figlio di Dio anche se peccatore, ma c’è una parte di religiosità – qui rappresentata dagli scribi e dai farisei – che gettano questa donna come una “sacco della mondezza” da smaltire davanti a Gesù… Cosa farne dell’umanità peccatrice? Cosa fa l’umanità dei peccatori di oggi? La lapidazione era la condanna per l’adulterio femminile, la lapidazione nel nostro mondo occidentale oggi è di tipo psicologico, mediatico, moralistico… Papa Francesco, contro una cultura dell’ emarginazione, chiamerebbe il peccatore che ha sbagliato: il rifiuto da gettare dalla società! Giovanni XXIII già diceva di differire il peccato dal peccatore. Questa donna rappresenta l’umanità svergognata e impaurita perché ha deliberatamente sbagliato enormemente! Allora cosa fare? Lapidarla, gettarla, ucciderla… La mentalità di oggi speso sembra la stessa di quei scribi e farisei di allora, ma tira i sassi della lapidazione sotto altre forme: emarginazione, mobbing, gogna mediatica, linciaggio per la “giustizia” e per il buon senso… Insomma siamo ancora vicino ad un sistema di ragionamento di legge morale o penale, che davanti alla sapienza cristiana è disarmata dalla compassione di Dio e dalla lealtà e onestà umana: chi è senza peccato scagli per primo la pietra…
Il gesto di Gesù, di scrivere per terra, non sappiamo ciò che stesse scrivendo, è comunque il gesto di un uomo sapiente e di cuore, più che di un giudice; di colui che riflette e non si lascia andare ad una reazione impulsiva. Invece che condannare la donna, svergognata e impaurita, come il Padre misericordioso per il figlio prodigo, la vede con gli occhi del cuore: la sua compassione sfonda la vergogna e la paura e, ne vede il profondo perché del peccato, ne vede, la vulnerabilità!
Si perché il peccato è quasi sempre, se non sempre, prodotto dalla vulnerabilità e dalla fragilità umana… Neanche io ti condanno …
Il messaggio di Gesù è chiaro per tutti e tutti riguarda: chi è senza peccato scagli per primo la pietra… Ma uno potrebbe dire: io non ho commesso un peccato così grave! Non sembra esserci nella mentalità di Dio una lista di peccati più o meno gravi con una classifica di perdono più o meno a punteggio, una lista dei buoni e dei cattivi, nella mentalità di Dio tutti siamo peccatori perciò vulnerabili e degni della Misericordia di Dio e degli altri! Siamo veramente davanti ad una contrapposizione tra perfezionismo fallibile e vulnerabilità inesorabile… L’amore predicato da Dio è un amore che mira a riabilitare chi sbaglia e fa il male, l’Amore di Dio, che è pericoloso per il perfezionismo fallibile, ma pur sempre perfezionismo umano, è l’amore che non condanna e ci fa prendere coscienza che siamo tutti vulnerabili, fallibili! Già nell’antico testamento lo leggiamo: non voglio la morte del peccatore, dice il Signore, ma che si converta e viva (Es 33,11).
Cosa resta di di questo brano? Ciò che alla fine resterà solo il nostro peccato: io e Dio! La donna è stata gettata in mezzo e svergognata davanti a tutti, Gesù scrivendo per terra, non da rilevanza ne a lei ne al peccato: impariamo da Gesù a non assolutizzare le persone e a non mettere al centro della “piazza” il peccato di altri, perché questo, crea altri presupposti di peccati e di azioni infelicemente maldestre e aggiunge male al male….
La conversione non è altro che riconoscere la propria vulnerabilità e, conoscendola, evitare di fare il male perché essa, la vulnerabilità, può farci fare le scelte sbagliate! Incontrare Cristo è prendere energie nuove per fare della vulnerabilità la propria croce, della propria croce la resurrezione.
Lectio divina Vangelo
della domenica delle Palme
La processione della Signoria del Cristo morto e risorto
Dal Vangelo secondo Luca (19,28-40)
In quel tempo, Gesù camminava davanti a tutti salendo verso Gerusalemme. Quando fu vicino a Bètfage e a Betània, presso il monte detto degli Ulivi, inviò due discepoli dicendo: «Andate nel villaggio di fronte; entrando, troverete un puledro legato, sul quale non è mai salito nessuno. Slegatelo e conducetelo qui. E se qualcuno vi domanda: “Perché lo slegate?”, risponderete così: “Il Signore ne ha bisogno”». Gli inviati andarono e trovarono come aveva loro detto. Mentre slegavano il puledro, i proprietari dissero loro: «Perché slegate il puledro?». Essi risposero: «Il Signore ne ha bisogno». Lo condussero allora da Gesù; e gettati i loro mantelli sul puledro, vi fecero salire Gesù. Mentre egli avanzava, stendevano i loro mantelli sulla strada. Era ormai vicino alla discesa del monte degli Ulivi, quando tutta la folla dei discepoli, pieni di gioia, cominciò a lodare Dio a gran voce per tutti i prodigi che avevano veduto, dicendo: «Benedetto colui che viene, il re, nel nome del Signore. Pace in cielo e gloria nel più alto dei cieli!». Alcuni farisei tra la folla gli dissero: «Maestro, rimprovera i tuoi discepoli». Ma egli rispose: «Io vi dico che, se questi taceranno, grideranno le pietre».
MEDITAZIONE
Gesù camminava davanti ai discepoli e alla folla in pellegrinaggio verso Gerusalemme. Questo Vangelo, seppur lo leggiamo nella domenica di passione, cosiddetta delle palme, apre la celebrazione in maniera festosa: quello che celebriamo non è un cammino triste, ma la Pasqua del Signore, che sì, è passata per la morte, ma sboccia nella resurrezione. Gesù camminava davanti a loro come condottiero di amore di pace, come Mose’ che accompagnava il popolo d’Israele fuori dalla schiavitu’ dell’Egitto verso la terra promessa… Gesù accompagna il nuovo popolo dei redenti non più verso una terra promessa, ma verso il cielo promesso, il Regno di Dio. Mose’ apri’ il mar Rosso per salvare gli Israeliti dalla morte, Gesù apre il “mare” della morte per poter salvare il mondo, non dalla morte, ma ottenergli la resurrezione. È un cammino in salita che ha come tappa fondamentale, in queste ultime ore, un giardino: il monte detto degli ulivi, un posto che rappresenta tutta la preghiera del cuore che si eleva a Dio e dove Dio raggiunge Cristo e l’umanità! La preghiera è l’unica “montagna” bella, ma spesso faticosa, che vale la pena salire…
Se quegli ulivi potessero parlare ci racconterebbero questo ingresso trionfante di Gesù a Gerusalemme accolto e osannato dalle folle, se quegli ulivi potessero parlare ci racconterebbero la preghiera confidenziale di Gesù ed il Padre con i discepoli; ci narrerebbero l’intercessione potente e accorata di Gesù al Padre prima della consegna alla morte, ci parlerebbero dell’arresto di Gesù e poi della preghiera disperata dei discepoli dopo la Sua morte e ci annuncerebbero l’incontro poi con il risorto…
Questo Vangelo ci annuncia che Cristo è il Signore – Kyrios – che entra nella città santa non da cittadino qualunque ma da Messia e vero Dio! In qualche modo il Signore ne ha bisogno che qualcuno lo porti in città! In questo sta tutta la Signoria della Persona di Cristo che ha bisogno di te, ha bisogno di me, come di un puledro, per esser portato in città, per essere portato alla gente!
La regalità della processione della Signoria di Cristo non è poi drammaticamente spezzata dai fatti del capitolo prossimo di Luca che lo vedrà condannato e ucciso, riconosciuto come uomo, umilio’ se stesso fino alla morte e alla morte di Croce (Fil 2,7b-8): ma verrà esaltato per questo perché la gloria di Dio è l’Amore! Per l’Amore, per questo Dio lo esalto’ e gli dono il nome che e al di sopra di ogni altro nome (Fil 2,9)! Questo corteo regale, questa processione messianica si trasformerà presto in “via crucis” in cui il profeta mette sulle labbra di Gesù queste parole: Ho presentato il mio dorso ai flagellatori,le mie guance a coloro che mi strappavano la barba; non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi (Is 50,6); quest’ultima non è una anti processione della prima, non sconfessa la prima processione gloriosa e festosa, ma ne è la continuazione: è l’esodo di Gesù vero uomo da questa terra alla sua realtà di vero Dio, è la celebrazione della nostra morte e resurrezione.
Tutti quelli che accompagnavano Gesù in questo corteo, prima festoso, dopo drammatico, avevano nel cuore – anche i farisei e scribi – i prodigi che avevano veduto. Solo l’uomo e la donna che sanno fare della preghiera il silenzioso e faticoso silenzio dell’ascolto nel cuore della Parola di Dio: sanno riconoscere e ricordare i prodigi che Egli ha fatto… Non lasciamoci prendere solo dalla passione, dalla sofferenza, dall’assolutizzazione del male, perché non vedremmo quanto bene c’è stato, e c’è, nella nostra, non vedremmo – seppur nella follia della Croce- la Presenza di Dio!
Avviamoci in pace allora in questi cammino che Gesù ha già storicamente intrapreso e che noi celebriamo ogni anno… Celebrarlo significa renderlo attuale, farlo nostro, accompagnare Gesù in città, portarlo alla gente, comprendere che l’Amore è rinunciare a se stessi e, allora il nostro non sarà solo una celebrazione rituale, ma un vero e proprio esodo nel già e non ancora del Regno di Dio!
Pace in terra e gloria nel più alto dei cieli: così gli angeli annunciavano cantando ai pastori e al mondo intero che il Verbo si è fatto carne, stavolta sono gli uomini chiamati glorificare e lodare Dio per la sua salvezza! Non comincia una settimana triste ma piena di sentimenti di gratitudine e di lode, un tempo pieno di speranza e attesa della vita eterna, della nuova Gerusalemme che viene dal Cielo in processione verso di noi!
Totus tuus sum Mariq, tutto tuo, tutta tua, sono Maria in questi cammino in cui, insieme a te, seguo il tuo Figlio mentre trasportato dall’Amore più grande ci salva dalla morte e ci dona la vita eterna. Amen.
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