Commento ai vangeli del Triduo Pasquale

Commento ai vangeli del Triduo Pasquale

30. Marzo, 2023PasquaNo comments

Commento al Vangelo della Pasqua

Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 28,1-10

Dopo il sabato, all’alba del primo giorno della settimana, Maria di Màgdala e l’altra Maria andarono a visitare la tomba.
Ed ecco, vi fu un gran terremoto. Un angelo del Signore, infatti, sceso dal cielo, si avvicinò, rotolò la pietra e si pose a sedere su di essa. Il suo aspetto era come folgore e il suo vestito bianco come neve. Per lo spavento che ebbero di lui, le guardie furono scosse e rimasero come morte.
L’angelo disse alle donne: «Voi non abbiate paura! So che cercate Gesù, il crocifisso. Non è qui. È risorto, infatti, come aveva detto; venite, guardate il luogo dove era stato deposto. Presto, andate a dire ai suoi discepoli: “È risorto dai morti, ed ecco, vi precede in Galilea; là lo vedrete”. Ecco, io ve l’ho detto».
Abbandonato in fretta il sepolcro con timore e gioia grande, le donne corsero a dare l’annuncio ai suoi discepoli.
Ed ecco, Gesù venne loro incontro e disse: «Salute a voi!». Ed esse si avvicinarono, gli abbracciarono i piedi e lo adorarono. Allora Gesù disse loro: «Non temete; andate ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea: là mi vedranno

MEDITAZIONE 

Il Corpo del risorto

Con l’alba del primo giorno, comincia una nuova era, una nuova vita. Cristo Sole nascente dall’alto, Risuscitato dalla morte, inaugura un nuovo tempo per tutta l’umanità. La morte non ha potuto tenere nel sepolcro il corpo di Gesù di Nazareth, perché in esso c’era anche la divina. La tomba resta vuota, seppur la tomba resta come segno della morte. Le donne vanno alla tomba e trovano il vuoto, quello che la morte lascia: ma proprio dal vuoto della morte, da quel sepolcro buio, parte una umanità con un destino diverso. La porta del sepolcro viene aperta dagli angeli, che agiscono in nome di Dio così come anche gli eventi naturali. Inizia l’era in cui la “casa” della morte, che è il sepolcro, viene fatta aprire da Dio, perché Lui stesso – l’eterno –  si è fatto mortale ma non poteva essere vinto dalla morte: in Cristo morte e vita si sono affrontate in un prodigioso duello, l’Autore, il Verbo della vita, Colui di cui siamo stati fatti a Sua Immagine: reso mortale risorge dalla morte in una realtà nuova; non torna in questa vita, ma risorge ad un’altra vita. Siamo stati fatti a Sua Immagine ma, celebriamo in questo giorno, siamo stati Redenti come Lui. Andiamo non più soltanto verso la morte, come destino ultimo di questa vita, ma verso la resurrezione dai morti. I morti sono morti, in qualsiasi stato sia il loro corpo – quello di Gesù rimase intatto perché il primo dei risorti – tutti siamo in attesa di un tempo fuori dal tempo, di uno spazio fuori dallo spazio, di entrare nella gloria di Dio da risuscitati. 

La morte mantiene la sua casa nel sepolcro, ma ogni tomba è destinata ad aprirsi un girono, non tanto nel suo senso storico quanto nell’avvenimento della profezia dell’angelo. Con la prospettiva della resurrezione cambia tutto, l’umanità ha un altro destino.

Il Corpo dove è?

Lo sgomento, lo spavento, il dubbio è grande… A queste donne è data la grazia di vivere il lutto in modo comunitario, nella fede, nell’incontro con qualcuno che gli annuncia il Resurrezione. Quanto è diverso anche per noi vivere il lutto nella fede della comunità Cristiana più che nell’anonimato della tristezza! Ma dove è il corpo di Cristo? Vi precede. Lui ci ha preceduto in questa nuova “metamorfosi”: noi crediamo che abbiamo una sola vita, una sola possibilità, siamo creati unicamente e unici in tutta la storia dell’umanità portando in noi l’immagine del Verbo di Dio. Ma siamo destinati a morire, però dalla Pasqua siamo predestinati non solo alla vita eterna ma alla vita da risuscitati come Lui è resuscitato. Tutte le altre idee non contano, siamo chiamati a vivere non per conquistarci la resurrezione, questa i fatti è opera e dono di Dio, quanto invece a vivere, a mettercela tutta come queste donne nel metterci alla ricerca del risorto! Chi comprende questo annuncio comprende che non può più vivere come prima, in una religiosità mista tra hobby è sentimenti: ma accogliere questo annuncio cambia tutta la storia dell’umanità, cambia tutta la nostra storia! È come prendere un libero e rileggerlo da capo perché è cambiata la “chiave di lettura”! Bene la resurrezione di Cristo cambi la chiave di lettura della comprensione dell’umanità, della vita e della morte, degli eventi tristi e di quelli Guidi: guardare tutti con gli occhi della Resurrezione di Cristo significa avere come chiave di lettura tutto il Mistero pasquale, quello cioè che abbiamo celebrato nel triduo: ultima cena, passione, morte e resurrezione. Ci precede dove non sappiamo: lasciamoci guidare come queste donne Cino a dove l’angelo gli dice…

Il corpo di Cristo 

Il corpo di Cristo risorto è vivo, siede alla destra del Padre, ma ha lasciato il suo respiro nel mondo, il suo Santo Spirito.  La prima presenza del Risorto è tra i discepoli, è attivo e vivace nella Chiesa che lo adora ed è chiamata ad annunciare questo fatto incredibile, a trasmettere con l’amore la vicenda della morte e della resurrezione. Bisogna guardare tutto con gli occhi della resurrezione. Questo la prima Chiesa fa e tanta gente cambia modo e stile di vita, fino a farsi uccidere per il Vangelo. La “chiave” di lettura che ha dato l’angelo seduto dalla pietra del sepolcro mette davanti ad un bivio: o tornare ad una spiritualità della tomba, ad una visione del destino frammisto a immortalità dell’anima e lutto,  recando di vivere il più intensamente la propria vita, oppure: fafe della resurrezione la chiave di volta dei nostri “archi vitali”,  io e della nostra storia fatta di alti e bassi che però cammina, e fa camminare, verso la resurrezione. Possa la Pasqua aprirci ad una nuova visione della vita, ad una prospettiva di vivere diversamente da come avevamo programmato e pensato, e farci comprendere che con il nostro Battesimo e i sacramenti della Chiesa, con la sua attività, Cristo risorto già ha cambiato la nostra storia, se vogliamo e da mortali che eravamo ci ha fatto non immortali (almeno non solo), ma resuscitati per Lui, con Lui ed in Lui. 

Ecce homo

Commento al Vangelo del Venerdì santo

Passione di nostro Signore Gesù Cristo secondo Giovanni
Gv 18,1–19,42
 

In quel tempo, Gesù uscì con i suoi discepoli al di là del torrente Cèdron, dove c’era un giardino, nel quale entrò con i suoi discepoli. Anche Giuda, il traditore, conosceva quel luogo, perché Gesù spesso si era trovato là con i suoi discepoli. Giuda dunque vi andò, dopo aver preso un gruppo di soldati e alcune guardie fornite dai capi dei sacerdoti e dai farisei, con lanterne, fiaccole e armi. Gesù allora, sapendo tutto quello che doveva accadergli, si fece innanzi e disse loro: «Chi cercate?». Gli risposero: «Gesù, il Nazareno». Disse loro Gesù: «Sono io!». Vi era con loro anche Giuda, il traditore. Appena disse loro «Sono io», indietreggiarono e caddero a terra. Domandò loro di nuovo: «Chi cercate?». Risposero: «Gesù, il Nazareno». Gesù replicò: «Vi ho detto: sono io. Se dunque cercate me, lasciate che questi se ne vadano», perché si compisse la parola che egli aveva detto: «Non ho perduto nessuno di quelli che mi hai dato». Allora Simon Pietro, che aveva una spada, la trasse fuori, colpì il servo del sommo sacerdote e gli tagliò l’orecchio destro. Quel servo si chiamava Malco. Gesù allora disse a Pietro: «Rimetti la spada nel fodero: il calice che il Padre mi ha dato, non dovrò berlo?».
 
Allora i soldati, con il comandante e le guardie dei Giudei, catturarono Gesù, lo legarono e lo condussero prima da Anna: egli infatti era suocero di Caifa, che era sommo sacerdote quell’anno. Caifa era quello che aveva consigliato ai Giudei: «È conveniente che un solo uomo muoia per il popolo».
 
Intanto Simon Pietro seguiva Gesù insieme a un altro discepolo. Questo discepolo era conosciuto dal sommo sacerdote ed entrò con Gesù nel cortile del sommo sacerdote. Pietro invece si fermò fuori, vicino alla porta. Allora quell’altro discepolo, noto al sommo sacerdote, tornò fuori, parlò alla portinaia e fece entrare Pietro. E la giovane portinaia disse a Pietro: «Non sei anche tu uno dei discepoli di quest’uomo?». Egli rispose: «Non lo sono». Intanto i servi e le guardie avevano acceso un fuoco, perché faceva freddo, e si scaldavano; anche Pietro stava con loro e si scaldava.
 
Il sommo sacerdote, dunque, interrogò Gesù riguardo ai suoi discepoli e al suo insegnamento. Gesù gli rispose: «Io ho parlato al mondo apertamente; ho sempre insegnato nella sinagoga e nel tempio, dove tutti i Giudei si riuniscono, e non ho mai detto nulla di nascosto. Perché interroghi me? Interroga quelli che hanno udito ciò che ho detto loro; ecco, essi sanno che cosa ho detto». Appena detto questo, una delle guardie presenti diede uno schiaffo a Gesù, dicendo: «Così rispondi al sommo sacerdote?». Gli rispose Gesù: «Se ho parlato male, dimostrami dov’è il male. Ma se ho parlato bene, perché mi percuoti?». Allora Anna lo mandò, con le mani legate, a Caifa, il sommo sacerdote.
 
Intanto Simon Pietro stava lì a scaldarsi. Gli dissero: «Non sei anche tu uno dei suoi discepoli?». Egli lo negò e disse: «Non lo sono». Ma uno dei servi del sommo sacerdote, parente di quello a cui Pietro aveva tagliato l’orecchio, disse: «Non ti ho forse visto con lui nel giardino?». Pietro negò di nuovo, e subito un gallo cantò.
 
Condussero poi Gesù dalla casa di Caifa nel pretorio. Era l’alba ed essi non vollero entrare nel pretorio, per non contaminarsi e poter mangiare la Pasqua. Pilato dunque uscì verso di loro e domandò: «Che accusa portate contro quest’uomo?». Gli risposero: «Se costui non fosse un malfattore, non te l’avremmo consegnato». Allora Pilato disse loro: «Prendetelo voi e giudicatelo secondo la vostra legge!». Gli risposero i Giudei: «A noi non è consentito mettere a morte nessuno». Così si compivano le parole che Gesù aveva detto, indicando di quale morte doveva morire.
 
Pilato allora rientrò nel pretorio, fece chiamare Gesù e gli disse: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?». Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù». Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce». Gli dice Pilato: «Che cos’è la verità?».
 
E, detto questo, uscì di nuovo verso i Giudei e disse loro: «Io non trovo in lui colpa alcuna. Vi è tra voi l’usanza che, in occasione della Pasqua, io rimetta uno in libertà per voi: volete dunque che io rimetta in libertà per voi il re dei Giudei?». Allora essi gridarono di nuovo: «Non costui, ma Barabba!». Barabba era un brigante.
 
Allora Pilato fece prendere Gesù e lo fece flagellare. E i soldati, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero addosso un mantello di porpora. Poi gli si avvicinavano e dicevano: «Salve, re dei Giudei!». E gli davano schiaffi.
 
Pilato uscì fuori di nuovo e disse loro: «Ecco, io ve lo conduco fuori, perché sappiate che non trovo in lui colpa alcuna». Allora Gesù uscì, portando la corona di spine e il mantello di porpora. E Pilato disse loro: «Ecco l’uomo!».
 
Come lo videro, i capi dei sacerdoti e le guardie gridarono: «Crocifiggilo! Crocifiggilo!». Disse loro Pilato: «Prendetelo voi e crocifiggetelo; io in lui non trovo colpa». Gli risposero i Giudei: «Noi abbiamo una Legge e secondo la Legge deve morire, perché si è fatto Figlio di Dio».
 
All’udire queste parole, Pilato ebbe ancor più paura. Entrò di nuovo nel pretorio e disse a Gesù: «Di dove sei tu?». Ma Gesù non gli diede risposta. Gli disse allora Pilato: «Non mi parli? Non sai che ho il potere di metterti in libertà e il potere di metterti in croce?». Gli rispose Gesù: «Tu non avresti alcun potere su di me, se ciò non ti fosse stato dato dall’alto. Per questo chi mi ha consegnato a te ha un peccato più grande».
 
Da quel momento Pilato cercava di metterlo in libertà. Ma i Giudei gridarono: «Se liberi costui, non sei amico di Cesare! Chiunque si fa re si mette contro Cesare». Udite queste parole, Pilato fece condurre fuori Gesù e sedette in tribunale, nel luogo chiamato Litòstroto, in ebraico Gabbatà. Era la Parascève della Pasqua, verso mezzogiorno. Pilato disse ai Giudei: «Ecco il vostro re!». Ma quelli gridarono: «Via! Via! Crocifiggilo!». Disse loro Pilato: «Metterò in croce il vostro re?». Risposero i capi dei sacerdoti: «Non abbiamo altro re che Cesare». Allora lo consegnò loro perché fosse crocifisso.
 
Essi presero Gesù ed egli, portando la croce, si avviò verso il luogo detto del Cranio, in ebraico Gòlgota, dove lo crocifissero e con lui altri due, uno da una parte e uno dall’altra, e Gesù in mezzo. Pilato compose anche l’iscrizione e la fece porre sulla croce; vi era scritto: «Gesù il Nazareno, il re dei Giudei». Molti Giudei lessero questa iscrizione, perché il luogo dove Gesù fu crocifisso era vicino alla città; era scritta in ebraico, in latino e in greco. I capi dei sacerdoti dei Giudei dissero allora a Pilato: «Non scrivere: “Il re dei Giudei”, ma: “Costui ha detto: Io sono il re dei Giudei”». Rispose Pilato: «Quel che ho scritto, ho scritto».

I soldati poi, quando ebbero crocifisso Gesù, presero le sue vesti, ne fecero quattro parti – una per ciascun soldato –, e la tunica. Ma quella tunica era senza cuciture, tessuta tutta d’un pezzo da cima a fondo. Perciò dissero tra loro: «Non stracciamola, ma tiriamo a sorte a chi tocca». Così si compiva la Scrittura, che dice: “Si sono divisi tra loro le mie vesti e sulla mia tunica hanno gettato la sorte”. E i soldati fecero così.
 
Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria madre di Clèopa e Maria di Màgdala. Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco tuo figlio!». Poi disse al discepolo: «Ecco tua madre!». E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé.
Dopo questo, Gesù, sapendo che ormai tutto era compiuto, affinché si compisse la Scrittura, disse: «Ho sete». Vi era lì un vaso pieno di aceto; posero perciò una spugna, imbevuta di aceto, in cima a una canna e gliela accostarono alla bocca. Dopo aver preso l’aceto, Gesù disse: «È compiuto!». E, chinato il capo, consegnò lo spirito.
 
Era il giorno della Parascève e i Giudei, perché i corpi non rimanessero sulla croce durante il sabato – era infatti un giorno solenne quel sabato –, chiesero a Pilato che fossero spezzate loro le gambe e fossero portati via. Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe all’uno e all’altro che erano stati crocifissi insieme con lui. Venuti però da Gesù, vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua. Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera; egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate. Questo infatti avvenne perché si compisse la Scrittura: “Non gli sarà spezzato alcun osso”. E un altro passo della Scrittura dice ancora: “Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto”.
 
Dopo questi fatti Giuseppe di Arimatèa, che era discepolo di Gesù, ma di nascosto, per timore dei Giudei, chiese a Pilato di prendere il corpo di Gesù. Pilato lo concesse. Allora egli andò e prese il corpo di Gesù. Vi andò anche Nicodèmo – quello che in precedenza era andato da lui di notte – e portò circa trenta chili di una mistura di mirra e di áloe. Essi presero allora il corpo di Gesù e lo avvolsero con teli, insieme ad aromi, come usano fare i Giudei per preparare la sepoltura. Ora, nel luogo dove era stato crocifisso, vi era un giardino e nel giardino un sepolcro nuovo, nel quale nessuno era stato ancora posto. Là dunque, poiché era il giorno della Parascève dei Giudei e dato che il sepolcro era vicino, posero Gesù
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MEDITAZIONE

Ecce homo

Ecco l’uomo! Dall’ebraico hinne’ide’ in greco… espressioni avverbiali colloquiali connesse al verbo vedere. Ecco l’uomo! È una esortazione a guardare a quel corpo di Cristo già segnato dal sangue e dalle piaghe: icona emotiva che si stampa nella nostra mente e nel nostro cuore. In un certo senso davanti ad ogni uomo ed ogni donna sofferente quell’icona è la stessa: cambiano soltanto i personaggi. Pilato ha mostrato cosa ormai avevano già fatto a Gesù e, non può credere ai suoi orecchi quando sente la richiesta gridata della condanna a morte. Guardando a Gesù sofferente, corpo in cui l’umanità e la divinità sono un unicum, l’ecce homo significa anche: ecce Deus, ecco Dio! Dio ha voluto fare esperienza della sofferenza di tutti i nati di donna, ha voluto condividere la sofferenza, farla sua e dargli un altro significato, diverso dalla disperazione. Al dolore nessuno sfugge, fa parte della nostra finitezza; il filosofo Focault diceva: ci ammaliamo perché moriamo e non moriamo perché ci ammaliamo. La sofferenza non ha una classifica di coloro che ne sono colpiti, è una realtà comune a tutti gli esseri viventi e, con la Passione, anche Dio ha voluto provarla. I dolori arrivano per tutti, ma c’è una differenza tra i dolori patiti e i dolori inflitti. I primi vengono dalla natura come, ad esempio, le malattie… I dolori inflitti invece sono direttamente provocati da altri uomini. La sofferenza di Cristo è frutto dell’arbitrio e della crudeltà degli uomini; avrebbe volentieri evitato i patimenti che ha subito: Padre allontana da me questo calice. Quello che succede a Gesù non è un esperimento teologico, ma viene giudicato, percosso e ucciso per ciò che diceva e faceva… L’uomo dei dolori è immagine di un uomo degradato e mostra ciò di cui gli uomini sono capaci e a cui possono giungere. Tutto ciò non ha smesso di accadere. 

Ecce Agnus Dei

L’uomo dei dolori rappresenta ogni uomo e ogni donna che è nel dolore. L’ uomo dei dolori inflitti  che vediamo sulla croce suscita il sentimento della contrizione, perché, di quei dolori e di quella morte, essendo l’uomo dei dolori Dio, di quei dolori e di auella morte siamo responsabili tutti. Siamo chiamati non ad un religioso senso di colpa, ma ad una contrizione che ci faccia riflettere. Non possiamo ascoltare o leggere questo Vangelo da lontano, come un qualcosa che è successo alla storia di Gesù, ma bisogna leggerlo come personaggi che ne stanno dentro, sia come vittime che come malfattori. Cristo viene messo a morte come vittima innocente. Già mettere a morte un colpevole, sbrigarsi il diritto di togliergli la vita è una scelta terribile: pensiamo allora uccidere un innocente, un uomo innocente, un Dio innocente. Cristo Gesù, vittima pura Santa a immacolata, ha in se l’innocenza dell’Agnello, vittima di espiazione che ha pagato per tutti: Agnus Dei qui tollit peccata mundi; prende su di se i peccati e li toglie… Quell’uomo sulla croce, giudicato reo di ciò che non ha fatto, è stato scelto dal popolo per la condanna al posto di un malfattore e omicida vero e proprio: Non costui, ma Barabba! L’umanità ha scelto di sacrificare un innocente e farlo uccidere della pena di morte per crocifissione per motivi religiosi, invece di far giustiziare Barabba giustamente condannato… È la nostra sorte che Dio ha permesso: noi per niente innocenti, magari non come Barabba, ma per niente innocenti, salvati dall’Innocente che ha portato su di se tutti i peccati del mondo per aprirci le porte del Regno dei cieli. A noi che vediamo il suo corpo appeso sulla croce, viene in mente la frase del Battista, che riecheggia durante ogni celebrazione eucaristica: ecco l’Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo

Ecce filius tuus… Ecce mater tua

Stavolta da sulla croce, morente, è Gesù a pronunciare: l’ecce, l’ecco. La sua morte in croce ci regala il perdono dei peccati e ci dona la possibilità di entrare nella luce della resurrezione. Questo dono di amore singolare di Dio che è per tutta l’umanità lo abbiamo ottenuto da sulla croce mentre Gesù pativa e moriva. Ma Lui, da appeso alla croce, ci ha lasciato anche un impegno che è “dietro” le ultime Sue parole che dice alla Madre e al discepolo che Lui amava. Alla Madre dona un figlio non suo, ma a Lui impegna a prendersi cura della Madre… Ecce Ecclesia, ecco la Chiesa! Questa chiamata ad essere famiglia di non famigliari, questa chiamata a prenderci cura, prenderci cura, non è un comando intimistico di Gesù, ma il più cattolico possibile. Intorno a Maria si riunirà la Chiesa nascente dopo la resurrezione. Cos’è la Chiesa se non una comunità in cui siamo chiamati a prenderci cura gli uni degli altri? che cos’è la Chiesa se non una comunità universale dove non ci sono élite religiose e dove tutti siamo uguali? Che cos’è la Chiesa se non la comunità dove ciascuno si prende carico degli altri nella solidarietà e si prende carico di tutta la comunità Cristina? Noi siamo L chiesa, l’ultima volontà di Cristo prima di consumarsi sulla croce per tutta l’umanità! Chiediamo la grazia di saperci responsabili tutti nella chiesa della comunione e della missione, fratelli e sorelle tutti che dalla croce annunciano la resurrezione grazie allo Spirito che Cristo ci ha lasciato, lo Spirito che è trasmissione dell’amore portato fino alla consumazione del se: superamento di ogni egoismo ed egocentrismo personale e comunitario. 

Li amo sino alla fine

Commento al Vangelo del Giovedì santo

Dal Vangelo secondo  Giovanni

(Gv 13, 1-15)


Prima della festa di Pasqua, Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine. 
Durante la cena, quando il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda, figlio di Simone Iscariota, di tradirlo, Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugamano di cui si era cinto. 
Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: «Signore, tu lavi i piedi a me?». Rispose Gesù: «Quello che io faccio, tu ora non lo capisci; lo capirai dopo». Gli disse Pietro: «Tu non mi laverai i piedi in eterno!». Gli rispose Gesù: «Se non ti laverò, non avrai parte con me». Gli disse Simon Pietro: «Signore, non solo i miei piedi, ma anche le mani e il capo!». Soggiunse Gesù: «Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto puro; e voi siete puri, ma non tutti». Sapeva infatti chi lo tradiva; per questo disse: «Non tutti siete puri».
Quando ebbe lavato loro i piedi, riprese le sue vesti, sedette di nuovo e disse loro: «Capite quello che ho fatto per voi? Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi».  


MEDITAZIONE

L’Amore di Cristo per i suoi…

Il Vangelo del primo giorno del triduo pasquale, del Giovedì santo, così chiamato Pasqua rituale, è l’importante pericope della cosiddetta “lavanda dei piedi”. Questo segno della lavanda dei piedi però va inquadrato nel suo aspetto più ampio e interiorizzandolo nel suo significato più profondo. 

La Pasqua di Gesù: stava per passare da questo mondo al Padre. Questo suo passaggio dopo la cena e dopo aver lavato i piedi dei discepoli: sarà un passaggio pieno di sofferenza, di percosse, di ingiurie e di tanta solitudine, poi sarà la morte, poi la resurrezione. Quando qualcuno se ne sta per andare, l’amore, diventa più forte ma anche più straziante per chi sa che se ne sta andando, per gli altri diventa straziante dopo per la mancanza… 

Tutto il triduo, questo giorno, questo Vangelo, la nostra salvezza: parte dall’amore. Lui amava i suoi discepoli; nel Vangelo di Luca, l’ultima cena infatti comincia proprio così: Ho tanto desiderato mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione (Lc 22,15), la vecchia traduzione era ancora più eloquente: ho desiderato ardentemente… Anche la nostra pagina di Vangelo inizia con questa forte dichiarazione di amore di Gesù per i suoi discepoli. “Suoi”: da una parte, il Suo per loro, è un amore esclusivo, Gesù li amava ardentemente… La Chiesa nasce dal cenacolo dove arde il “focolare” dell’amore, da questa familiarità di persone non familiari, da una piccola comunità amata da Gesù. Se da una parte questo di Gesù per gli apostoli è un amore ardente ed esclusivo, dall’altra sarà un amore che dovrà includere il mondo intero attraverso la loro missione: fate questo in memoria di me… anche voi facciate come io ho fatto a voi. 

Il Signore lava i piedi

L’umanità è sempre la stessa: si scambia il rispetto con il perbenismo sterile, se si sale una qualche “scala” gerarchica della Chiesa (anche tra laici), ci si sente più ieratici e autoritari verso gli altri invece che ministri e strumenti di Dio… La confidenza di Gesù per i suoi discepoli, nella lavanda dei piedi, non sminuisce la sua immagine… Gesù si difinisce così: se dunque io, il Signore e il Maestro… ho fatto questo… Quello che ha fatto è un gesto estremo di amore, neanche la parte più sporca dei suoi amati discepoli gli fa ribrezzo… Pietro vive quel rispetto reverenziale verso Gesù – Tu non mi laverai i piedi – che è proprio di ciascuno di noi verso l’autorità o che pretenderebbe di essere trattati chissà come dagli altri… ma questo genere di rispetto, Pietro ce lo testimonierebbe se fosse qui, porta al rinnegamento! Non conosco quell’uomo. Il Signore e Maestro va fino infondo alla confidenza e arriva fino alla lavanda dei piedi. Un abbassamento, questo di Cristo, che non toglie nulla alla Sua Signoria ma, vuole ridefinire nella mente umana che il Signore e Maestro esprime il suo amore donando la confidenza, in questo caso assoluta: lavando i piedi dei discepoli, rafforzandola non con l’idea del potere ma dell’amore. Insomma Dio vuole da noi un rapporto confidenziale, Dio vuole tra noi un rapporto di amore confidenziale e, tra noi, vorrebbe sia lo stesso: l’autorità nella chiesa non si esercita con il potere ma con l’amore e, la comunità, deve poter accettare con amore l’autorità e non convocarla al tavolo del potere, ma al catino dei piedi… Gesù chiede: Capite quello che ho fatto per voi? La domanda l’ha posta ai suoi discepoli ma loro, sapranno rispondere, dopo la sua resurrezione quando saranno chiamati a portare la sua Buona notizia nel mondo. Questa domanda però la pone anche a noi: Capite quello che ho fatto per voi? Perché Gesù vero uomo è anche vero Dio, il suo gesto di lavare i piedi a degli esseri umani ha una valenza per l’umanità di ogni tempo… Dio lava i piedi alla umanità: questo,  osa significa per noi? Considero che questo si realizza nella sua Presenza reale nel Pane e nel Vino, Nell’Eucaristia , che celebriamo? Spesso nel nostro messe, solenni o no che siano, sono di più atti di culto, alla peggio cerimonie, invece di essere vissute come Atto di amore di Dio per noi, la celebrazione che ha istituito quella sera, seppur nel rituale della Pasqua ebraica, supera l’idea di culto, capovolge l’idea di cerimonia e apre il cuore ad accogliere il sacerdozio di Cristo, Lui anche vittima e altare! La Messa è un suo atto di amore! Qualsiasi messa in qualsiasi luogo di qualsiasi tempo: è un suo atto di amore! Noi soltanto lodiamo, riflettiamo, preghiamo e, in silenzio, riceviamo il suo atto di amore.

Commento ai Vangeli della Quaresima

Commento ai Vangeli della Quaresima

30. Marzo, 2023QuaresimaNo comments

Commento al Vangelo di domenica 26 Marzo

Se crederai, vedrai la gloria di Dio

Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 11,1-45

Un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella, era malato. 2Maria era quella che cosparse di profumo il Signore e gli asciugò i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era malato. 3Le sorelle mandarono dunque a dirgli: “Signore, ecco, colui che tu ami è malato”.
4All’udire questo, Gesù disse: “Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato”. 5Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro. 6Quando sentì che era malato, rimase per due giorni nel luogo dove si trovava. 7Poi disse ai discepoli: “Andiamo di nuovo in Giudea!”. 8I discepoli gli dissero: “Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?”. 9Gesù rispose: “Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo; 10ma se cammina di notte, inciampa, perché la luce non è in lui”.

11Disse queste cose e poi soggiunse loro: “Lazzaro, il nostro amico, si è addormentato; ma io vado a svegliarlo”. 12Gli dissero allora i discepoli: “Signore, se si è addormentato, si salverà”. 13Gesù aveva parlato della morte di lui; essi invece pensarono che parlasse del riposo del sonno. 14Allora Gesù disse loro apertamente: “Lazzaro è morto 15e io sono contento per voi di non essere stato là, affinché voi crediate; ma andiamo da lui!”. 16Allora Tommaso, chiamato Dìdimo, disse agli altri discepoli: “Andiamo anche noi a morire con lui!”.

17Quando Gesù arrivò, trovò Lazzaro che già da quattro giorni era nel sepolcro. 18Betània distava da Gerusalemme meno di tre chilometri 19e molti Giudei erano venuti da Marta e Maria a consolarle per il fratello. 20Marta dunque, come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. 21Marta disse a Gesù: “Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! 22Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà”. 23Gesù le disse: “Tuo fratello risorgerà”. 24Gli rispose Marta: “So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno”. 25Gesù le disse: “Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; 26chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?”. 27Gli rispose: “Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo”.

28Dette queste parole, andò a chiamare Maria, sua sorella, e di nascosto le disse: “Il Maestro è qui e ti chiama”. 29Udito questo, ella si alzò subito e andò da lui. 30Gesù non era entrato nel villaggio, ma si trovava ancora là dove Marta gli era andata incontro. 31Allora i Giudei, che erano in casa con lei a consolarla, vedendo Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono, pensando che andasse a piangere al sepolcro.

 32Quando Maria giunse dove si trovava Gesù, appena lo vide si gettò ai suoi piedi dicendogli: “Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!”. 33Gesù allora, quando la vide piangere, e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente e, molto turbato, 34domandò: “Dove lo avete posto?”. Gli dissero: “Signore, vieni a vedere!”. 35Gesù scoppiò in pianto. 36Dissero allora i Giudei: “Guarda come lo amava!”. 37Ma alcuni di loro dissero: “Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?”.
38Allora Gesù, ancora una volta commosso profondamente, si recò al sepolcro: era una grotta e contro di essa era posta una pietra. 39Disse Gesù: “Togliete la pietra!”. Gli rispose Marta, la sorella del morto: “Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni”. 40Le disse Gesù: “Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?”. 41Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: “Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. 42Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato”. 43Detto questo, gridò a gran voce: “Lazzaro, vieni fuori!”. 44Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro: “Liberàtelo e lasciàtelo andare”.
45Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui.

LA MALATTIA PER LA GLORIA DI DIO

<<Nella sofferenza si nasconde una particolare forza che avvicina interiormente l’uomo a Cristo, una particolare grazia. Ad essa debbono la loro profonda conversione molti Santi, come ad esempio San Francesco d’Assisi, Sant’Ignazio di Loyola, ecc. Frutto di una tale conversione non è solo il fatto che l’uomo scopre il senso salvifico della sofferenza, ma soprattutto che nella sofferenza diventa un uomo completamente nuovo. Egli trova quasi una nuova misura di tutta la propria vita della propria vocazione. Questa scoperta è una particolare conferma della grandezza spirituale che nell’uomo supera il corpo in modo del tutto incomparabile. Allorché questo corpo è profondamente malato, totalmente inabile e l’uomo è quasi incapace di vivere e di agire, tanto più si mettono in evidenza l’interiore maturità grandezza spirituale, costituendo una commovente lezione per gli uomini sani e normali. Questa interiore maturità e grandezza spirituale nella sofferenza certamente sono frutto di una particolare conversione e cooperazione con la Grazia del Redentore crocifisso… La sofferenza è, in se stessa, un provare il male. Ma Cristo ne ha fatto la più solida base del bene definitivo, cioè del bene della salvezza eterna>> (Giovanni Paolo II, Salvifici doloris,26). Malattia e fede: quale rapporto nella mia vita?

…DIO TE LA CONCEDERA’

La professione di fede di Marta è davvero grande: se fossi stato qui non sarebbe morto… Dov’è Dio quando soffriamo e sperimentiamo la sua assenza? Se fossi stato qui… Marta ha una grande fede, crede anche nella resurrezione e da una definizione alta – teologica – di Cristo! Ha un solo problema: come se la morte non fosse sotto il dominio di Dio. Gesù compie questo miracolo per annunciare il dominio di Dio sulla morte e per preannunciare la sua resurrezione. Lazzaro tonra nella vita mortale con le bende: Gesù abbandonerà le bende per risorgere in un altre “dimensione”… La fede semplice dell’atto di fede: Dio può! Nel discernimento della fede, ciò che desideriamo in Dio, se ci crediamo: si realizza completamente, nei tempi di Dio. 

IL CUORE DI GESU’

Gesù ormai è rivelato vero Dio e vero uomo – come affermiamo nel credo – e nel suo rapporto divino con il Padre, mostra il Suo volto misericordioso. Si commuove e piange. Dio non resta freddo alle vicende tristi umane, ma: si commuove profondamente e piange. Un Dio umano per poter rendere umano l’essere umano che ha perso la sua umanità! Il sentimento della Pietas divina è qualcosa di misterioso e grandioso allo stesso tempo: il pianto di Dio per l’uomo! La compassione di Dio per l’umanità! Che effetto ci fa questo?

TRE PASSAGGI DELLA VITA INTERIORE

Togliete la pietra…, vieni fuori…, liberatelo..  In questo tempo finale di quaresima siamo chiamati ad uscire dai nostri sepolcri interiori: a togliere la pietra, ciò che chiude il nostro cuore, ciò che ci tiene nel buio mortale del peccato e della sofferenza e venirne fuori. Il sepolcro interiore <<è vivere ma perché vivo e non avere voglia di andare avanti, non avere voglia di fare qualcosa nella vita, aver perso la memoria della gioia. Gesù ci dice: Alzati, prendi la tua vita come sia, bella, brutta come sia, prendila e vai avanti. Non avere paura, vai avanti …Ma vai avanti! E’ la tua vita, è la tua gioia”>> (Papa Francesco, omelia del 28/3/2017). Rimanere in questo sepolcro che si chiama vittimismo è accidia – dice Papa Francesco -, bisogna uscire da questo torpore perché dopo uno stato di morte segue sempre uno stato di resurrezione!

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