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Mese Mariano

Mese Mariano

6. Maggio, 2023NewsNo comments

Sabato 13 ore 12 a San Tommaso: supplica alla Madonna di Fatima

Supplica alla Madonna di Fatima


VERGINE SS. MADRE DI DIO e MADRE NOSTRA,
che apparendo ai tre Pastorelli sulle montagne di Fatima, avete voluto dare una nuova prova della Bontà e
Provvidenza Vostra, eccoci dinanzi a Voi, umili e fiduciosi a tributarvi le nostre lodi ed invocare il Vostro
aiuto.
Vi è piaciuto scegliere questo giorno 13 Ottobre-Maggio e questa ora di mezzogiorno come punto più
propizio per le Vostre Materne Misericordie; e noi, proprio in questo giorno ed in quest’ora, ci siamo radunati
dinanzi alla Vostra Sacra Immagine, per ottenere i benefici delle Vostre celesti promesse.
Vi ringraziamo, o Madre Celeste, di aver voluto una volta ancora ricordare i vostri figli sconfortati dalle
gravi tribolazioni dei nostri tempi e con il nuovo titolo di FATIMA avete riacceso le nostre speranze.
Perdonate o Buona Madre a tanti figli ingrati le offese e gli oltraggi al Vostro Cuore Immacolato. Noi
vogliamo compensarvi proclamando solennemente i titoli della Vostra grandezza ed i meriti della Vostra
Santità.
Gradite o Madre, la lode che eleviamo in questa ora benedetta, uniti al coro degli Angeli, all’onore che vi
danno i Santi e che il Vostro Figlio Gesù vi rende nella beata Eternità con il Padre e lo Spirito Santo.
Ave Maria
II
O VERGINE SS. che apparendo a Fatima,
avete levato la voce di lamento e di materna ansia per la povera umanità, guardate oggi con occhi di bontà
noi che qui prostrati invochiamo il vostro aiuto.
FATIMA è già divenuta terra dei miracoli, ed anche qui, in questo rione rallegrato dal Vostro materno
sorriso, vi siete compiaciuta di elevare un trono di bontà per concedere grazie ai vostri devoti.
Siate benedetta o Maria per questa predilezione, ed accogliete in questa ora di speranza le nostre umili
suppliche.
Vi chiediamo grazie, o Madre delle grazie, Vi chiediamo favori e protezione per noi e per i nostri cari;
custodite e salvate le anime nostre, siate la via per condurci a Gesù.
Consolateci o Madre, confortateci ! Siate il nostro soccorso nei bisogni della vita, la difesa nei pericoli, la
nostra consigliera nei dubbi, la protettrice nelle nostre imprese e l’aiuto in tutti i momenti della nostra
tribolata esistenza. Voi, conoscete meglio di noi le nostre necessità spirituali e temporali, venite in nostro
soccorso o Madre di Misericordia !
Ave Maria
III
Siamo certi che in questo giorno, in questa ora solenne, non ci negherete i Vostri favori.
Vi siete mostrata nostra Madre e noi vogliamo mostrarci degni figli. A Voi facciamo le nostre promesse di
condurre vita cristiana in mezzo a tanti che dimenticano le pratiche della Religione; vogliamo conservare
intatto il patrimonio della fede, così insidiato ai nostri giorni.
Conosciamo è vero che, per la nostra debolezza, da soli, non riusciamo ad operare il bene, a perseverare nei
buoni propositi; per questo ci rivolgiamo a Voi con fiducia. Avvalorate le nostre deboli forze, infondeteci
coraggio e speranza.
Benedite i nostri Pastori Spirituali, il nostro Arcivescovo e tutti i Sacerdoti. Benedite le Autorità civili e fate
che governino secondo il Cuore di Dio.
Al Vostro CUORE IMMACOLATO rinnoviamo la nostra consacrazione. Regni sopra di noi il Vostro Figlio
Gesù e per la nostra perseveranza ci sia assicurato il Paradiso.
Amen
Salve Regina


Madonna dei debitori

Domenica 14 Maggio s. Messa delle 11,30

esposizione solenne del quadro della Madonna dei debitori che ci accompagnerà per tutto il me

Preghiera

Vergine Santa, Madre Celeste, Madonna dei debitori, Noi Ti invochiamo per chiedere una intercessione al Tuo Divino Figlio affinché il debito materiale e morale che grava sugli esseri umani, sulla nostra amata Italia e sul mondo intero, sia cancellato dalle nostre responsabilità e Ti chiediamo devoti al Tuo Santissimo Nome che le forze malvage che lo hanno generato siano debellate per sempre dal dominio sulla umana gente, nel recupero della dignità che spetta a tutti coloro che si riconoscono come figli di Dio.

O Madonna dei debitori, a Te ci consacriamo, secondo la Volontà del Padre, nella Luce del Tuo Amore.

Amen


Chiusura Mese Mariano

31 Maggio ore 18 a Santa Maria dei pellegrini

S. Messa Solenne e processione mariana

presieduta dal nostro Vescovo Mons. Dario Gervasi

Commento ai Vangeli del tempo di Pasqua

Commento ai Vangeli del tempo di Pasqua

14. Aprile, 2023News, PasquaNo comments

Commento

al Vangelo

del 21 Maggio



Ascensione del Signore

Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 28,16-20)

In quel tempo, gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato.
Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo»
.


MEDITAZIONE

L’appuntamento con il Signore 

Gesù aveva loro indicato (ai discepoli) dove lo avrebbero incontrato risorto. È una frase del Vangelo con cui Gesù risorto ha dato appuntamento  ai discepoli per incontrarli e, quando ci si da appuntamento, si indica anche il luogo. Si può decidere di andare all’appuntamento, oppure decidere di non andare… Gli apostoli non sono più dodici, numero perfetto della “discepolanza”, ma sono undici perché, Giuda iscariota, aveva deciso di tradire Gesù e di scegliere di farlo morire consegnandolo e, poi, morire anche lui scegliendo il suicidio. Giuda non è mai andato a quell’appuntamento perché ha fatto una scelta di morte e, non di morte e resurrezione. La risposta all’appuntamento è libera e si chiama: fede. I Vangeli non sono altro che l’indicazione di “dove” trovare Gesù risorto, predicano l’appuntamento che Egli ha dato a ciascuno di noi. Tutti siamo chiamati ad incontrarlo nel luogo che Lui ci ha indicato e non dove noi abbiamo deciso, non nel tempo stabilito da noi ma da Lui: a noi sta soltanto la scelta di andare oppure non andare all’appuntamento con Lui. Andare a quell’appuntamento è già una risposta di fede bastevole al Signore tanto che, nonostante loro quando lo videro dubitarono, Lui comunque li manda ad annunciare il Vangelo. Andare a quell’appuntamento è come salire un sentiero di alta montagna: è bello ma faticoso, a volte pericoloso ma anche fatto di sorprese stupende e di visioni indimenticabili… I discepoli vanno in gruppo: la salita della montagna della fede non si fa da soli, ma è personale e comunitaria allo stesso tempo. Il dubbio fa parte, dicevamo, della fede: la fede è continuamente tentata, se è vera, perché questo è il limite di ogni creatura. E con fatica, incredulità, aspettative e quanti altri sentimenti del cuore i discepoli salgono sul monte della fede dove anche noi siamo chiamati ad appuntamento con Cristo risorto. 

Gesù Cristo è il Signore

Quando lo videro, si prostrarono… Non vedono più quel Gesù uomo, più umano degli esseri umani, vedono qualcosa simile a quello che Pietro, Giovanni e Giacomo videro sul monte della trasfigurazione (Matteo 17,1-8): Cristo si rivela nella sua vera identità, la sua ostensione ci riporta alla visione non soltanto dell’Figlio dell’uomo risuscitato, ma alla sua vera natura divina! Matteo non parla di ascensione in questo brano, anzi, sembra, in un certo senso, che Lui sia sceso sulla montagna per rivelarsi, Lui il Kyrios, il Pantocratos, il Signore che regna sui cieli e che ha vinto la morte. L’incontro con Lui provoca,  nonostante la costante della incredulità, un senso di trascendenza, di grandezza di Dio! Questa è una pagina focale del Vangelo per la prima comunità cristiana tanto che occupa l’arte della raffigurazione del Signore da quasi subito… Questa pagina ricorda il nostro appuntamento con Cristo risorto dai morti. 

Oh! gloria a Te, o Signore, che sebbene sottratto alla nostra esperienza sensibile, pure sei con noi con la divina fedeltà alla tua finale promessa: «Ecco, Io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo» (Mt 28, 20). Noi guardiamo in questo momento l’orologio della nostra storia, e francamente crediamo e diciamo: adesso, sì, Egli, Cristo, risorto, vivo e celeste, è con noi; oggi noi onoriamo e proclamiamo a noi stessi, e all’assemblea circostante…: Cristo, il buon Pastore dell’umanità, il Maestro e il Salvatore del mondo, colui che «è chiamato: Consigliere ammirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della Pace» (Is. 9, 5) è con noi. Egli l’ha detto: «dove sono due o tre riuniti nel mio nome, Io sono in mezzo a loro» (Matth. 18, 20); e noi, quanti qui siamo, appunto siamo riuniti nel Tuo nome. (OMELIA DI PAOLO VI, Giovedì, 27 maggio 1976). 

Incontrare Cristo

Asceso al cielo, il Signore, ha mandato lo Spirito santo che abbiamo ricevuto nel giorno del Battesimo. Asceso al cielo sembra essere tornati alla invisibilità di Dio, alla sua alterita’ rispetto all’ umanità. Asceso al cielo, dopo che Cristo ha mostrato il volto di Dio, sembra che l’umanità sia rimasta “orfana”, sia tornata indietro al vecchio testamento. Non è così! A Pentecoste celebriamo il mistero della resurrezione che ha fatto si che lo Spirito santo scendesse su di noi. Non esitiamo nella fede anche se dubbiosi! La presenza di Dio – ci ricordava Paolo VI – è laddove due o tre sono riuniti nel suo nome, nel suo nome; nonostante non lo vediamo lo crediamo in mezzo a noi mentre preghiamo insieme. Credere senza esitare a ciò che sfugge alla vista materiale e fissare il desiderio là dove non si può arrivare con lo sguardo, è forza di cuori veramente grandi e luce di anime salde. Del resto, come potrebbe nascere nei nostri cuori la carità, o come potrebbe l’uomo essere giustificato per mezzo della fede, se il mondo della salvezza dovesse consistere solo in quelle cose che cadono sotto i nostri sensi? Perciò quello che era visibile del nostro Redentore è passato nei riti sacramentali (Dai «Discorsi» di san Leone Magno, papa, Disc. 2 sull’Ascensione 1, 4; PL 54, 397-399).

Gli apostoli, quel monte, hanno vissuto questo passaggio: dal Cristo risorto, apparso Signore del cielo, al dono dello Spirito santo che ha dato vita alla Chiesa dell’ascolto della Parola, della Preghiera e della Carità. Chiediamo l’intercessione agli apostoli per avere il coraggio di fare esperienza della reale presenza del Signore. 

Noi pure così. Noi dovremo portare nell’anima il mistero dell’Ascensione come il punto trascendente, sì, e per ora invisibile e ineffabile, oltre la cortina del nostro orizzonte sensibile e temporale; e riferire a quel punto celeste l’asse della nostra esistenza presente. «Se siete risorti con Cristo – ci ammonisce San Paolo – cercate le cose di lassù, dove si trova Cristo, assiso alla destra di Dio: pensate alle cose di lassù, non a quelle della terra» (Col. 3, 1-2); e ancora: «La nostra patria è nei cieli e di là aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo» (Phil. 3, 20). Dobbiamo vivere escatologicamente, tesi cioè verso «la speranza che non delude» (Rom. 5, 5).

Noi sappiamo che la mentalità moderna rifiuta questo disegno costitutivo dell’esistenza umana. La mentalità moderna, vogliamo dire quella priva del faro orientatore della speranza cristiana, è tutta impegnata nella conquista del benessere temporale, attuale. La scienza naturale è la sola sua luce; il benessere economico il suo paradiso terrestre; e talora i bisogni legittimi e gravi della vita naturale e presente si vorrebbero strumentalizzare in contrapposizione della finalità religiosa della vita, come prevalenti, anzi come i soli meritevoli dell’umana ricerca, e come degni di piegare a sé e di sostituire i bisogni e doveri dello spirito e le promesse della fede. Questo non è conforme al programma cristiano, il cui disegno, pur riconoscendo e servendo le necessità del tempo, spazia ben oltre i confini degli interessi materiali e dei piaceri momentanei del carpe diemE meraviglia! il cristiano, pellegrino verso il Cristo oltre il tempo, e perciò libero ed agile, disancorato nel cuore dalla scena effimera di questo mondo (Cfr. 1 Cor. 7, 31), proprio in virtù del suo insonne amore al Cristo glorioso dell’al di là, sa scoprire il Cristo bisognoso dell’al di qua; egli intravede il suo Cristo, degno di totale dedizione, nel fratello povero, piccolo, sofferente ove l’immagine mistica di Gesù celeste, secondo la sua divina parola, s’incarna nell’umano dolore terrestre. La nostra festa dell’Ascensione di Cristo può infatti celebrarsi anche così, ascoltando e realizzando la sua travolgente parola d’amore sociale: «In verità vi dico, ogni volta che avrete fatto del bene ai miei fratelli più piccoli, voi l’avete fatto a me» (Cfr. Matth. 25. 40). Così l’Ascensione di Cristo in cielo illumina, guida e sorregge il nostro cammino sulla terra.  (OMELIA DI PAOLO VI, Giovedì, 27 maggio 1976). 








Commento al Vangelo

di domenica 14 Maggio




Verrò da voi…

e mi manifesterò.

Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 14,15-21)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi.
Non vi lascerò orfani: verrò da voi. Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi.
Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui»
.


MEDITAZIONE

La relazione con Dio

Il Vangelo di questa domenica, sesta del tempo di Pasqua, ci porta ancora nel cenacolo, all’ascolto del discorso che Gesù fa ai discepoli prima di morire, risorgere e di donare lo Spirito santo. Sembrerebbe un brano estemporaneo da ascoltare in questo tempo illuminato dalla gioia pasquale, ma il racconto,  che risale nella sua redazione a dopo la morte e resurrezione di Gesù: fa maturare alla comunità che ascolta l’identità di Cristo e del Cristiano. 

Gesù parla della sua comunione, del suo essere Uno, con il Padre e con lo Spirito santo… Gesù fa conoscere se stesso quale veramente è: vero uomo e vero Dio. Il rapporto di cui parla è un rapporto di relazione tra Tre persone divine… Dio si rivela all’uomo come Essere relazione trinitaria: del Padre, del Figlio e dello Spirito santo. In questo capitolo quattordicesimo del Vangelo di Giovanni,  come in tanti altri passi dei Vangeli, Gesù rivela la divinità come relazione comunitaria di Tre persone unite da un amore che noi umani non riusciamo a comprendere. Questo loro essere in relazione non poteva che rivelarsi all’uomo, attraverso Gesù Cristo, come un Dio che cerca una relazione confidenziale e comunitaria con l’umanità: Se mi amate… Dio ci chiama ad una relazione con Lui e, noi, accogliamo la sua chiamata: questa è la fede. In effetti in tutto il Vangelo Gesù ha avuto sempre la relazione con il Padre ed ha cercato sempre la relazione con l’umanità di qualsiasi genere; neanche il peccato può rompere questa voglia di relazione che Dio ha nei nostri confronti. Alla comunità ed ai suoi singoli membri, Dio, chiede una relazione che parte innanzitutto dall’ascolto: Se mi amate, osserverete i miei comandamenti… Abbiamo equivocato nel tempo questa relazione come mera osservanza di precetti morali o rituali, abbiamo perso lo spirito bello di relazione con Dio delle prime comunità cristiane. Siamo chiamati a riscoprire la bellezza di questa relazione tra l’umanità e Dio e, la bellezza, della relazione propria della comunità cristiana!   Osservare i comandamenti non significa attenersi a delle regole morali o rituali, osservare sta per ascoltare i comandamenti che sono le parole di Gesù. L’ascolto è a fondamento di ogni relazione e, con Dio, è ascolto della Sua Parola. L’apice di questo ascolto, dove Lui comunica la sua Parola: provoca il suo comunicarsi a noi nell’Eucarestia. A Lui non basta la comunicazione a parole, ma Lui stesso comunica la Sua stessa vita divina nel Pane e nel Vino dell’Eucaristia.


Non siamo soli

Ci sembra di non conoscere Dio,  oppure ci sembra di conoscerlo bene… Sentiamo spesso la mancanza di Gesù, la distanza della divinità dell’umanità. Ma il Padre ci ha dato un altro Paraclitos (Consolatore) dal latino: advocatus (avvocato), Qualcuno che ci consola è ci difende. Il mondo non conosce questo Consolatore, questo Avvocato dell’anima, a meno che non prestiamo attenzione alle parole di (At 8,6) tanti testimoni tramite cui tenta di arrivare a noi la Parola di Dio. L’umanità senza Dio è orfana perché non sa da dove viene e neanche dove va, senza Dio manca il senso della vita dal suo nascere al suo morire, ma la promessa di Gesù, per chi presta attenzione, è chiara: verrò da voi. Ad un certo punto l’evangelista Giovanni gioca con il verbo vedere. Il mondo non lo vede, i discepoli lo vedono… Dio, lo Spirito santo consolatore e nostro avvocato, non lo vediamo, non vediamo Cristo: vediamo una realtà, dei riti, delle persone che fanno parte di una comunità, vediamo la carità, l’amore verso il prossimo; a vedere la Chiesa c’è tanto da vedere sia di bello ma anche a volte di brutto. Ma come vedere Dio? Come vedere questo Spirito invisibile? Il silenzio di Dio, la sua lontananza è motivo spesso del nostro ateismo, del nostro vivere un lo distaccati da Dio, del nostro disorientamento davanti alla questione del rapporto con la divinità, ma Lui, insistite: verrò da voi. Questi Spirito ce lo abbiamo sempre dentro Dio noi perché, Gesù, prega il Padre per noi; non siamo condannati alla solitudine, siamo chiamati ad aprire una relazione con Dio che non può non aprire alla relazione con i fratelli e le sorelle della comunità cristiana e con il mondo anche lontano da Dio! Siamo essere di relazione perché Dio, che ci ha creato e rendendo, è Relazione! Siamo esseri di relazione e, quando la relazione è tagliata per qualsiasi motivo, soffriamo… Ma non siamo soli: verrò fa voi

Verrò da voi

La promessa del Signore si sta realizzando: Egli viene da noi! Chi accoglie i miei comandamenti – cioè chi ascolta, legge, medita la mia Parola – e li osserva, questi è colui che mi ama; questi è colui che accoglie la relazione con me. Allora prestare attenzione, come faceva la gente che ascoltava Filippo raccontato negli atti degli apostoli, si accorge della Presenza di Cristo risorto: io lo amerò e mi manifesterò a lui. Questo prestare attenzione alla Parola di Dio significa: coglierne le chiavi di lettura per aprire le stanze sconosciute della nostra stessa vita. Prestare attenzione significa accorgersi della presenza del Risorto nella nostra stessa storia: così ci sapremo amati da Dio. Dio quando si manifesta, perché noi lo abbiamo accolto prestando attenzione alla sua Parola che interpreta la nostra vita, fa la prima cosa che appartiene al suo stesso Essere divino: ci ama. L’amore umano è imperfetto, è precario, non adeguato, pieno di lagune e, con tutto questo, siamo chiamati a far pace: siamo soltanto uomini e donne capaci di amare a modo nostro e recepire amore a modo nostro. Non possiamo e non dobbiamo richiedere al prossimo un amore perfetto secondo me, ne sforzarci di far sentire gli altri amati secondo loro… Solo l’amore di Dio è perfetto perché Lui è amore. Allora adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori (1 Pt 3,25)! Nessuno al mondo, tanto meno niente al mondo, merita un amore poi profondo che è quello di adorazione. Non riusciamo a “vedere” la presenza di Dio nella nostra vita,  non riusciamo a prestare attenzione alle sue parole, non riuscissi a “sentire” la sua manifestazione perché, noi nati e creati per adorare Dio: adoriamo qualcos’altro o qualcun altro. Quando Dio diventerà “oggetto” della nostra seria attenzione e adorazione allora ci accorgeremo che dentro di noi non siamo soli, che in noi abita il suo Spirito consolatore e avvocato (colui che ascolta e difende): allora, non riusciremo a tacere ma saremo pronti sempre a rispondere a chiunque ci domandi ragione della speranza che è in noi (1 Pt 3,15).



Commento al Vangelo di

domenica 7 Maggio


Divinità via, verità e vita.

Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 14,1-12)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: “Vado a prepararvi un posto”? Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. E del luogo dove io vado, conoscete la via».
Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?». Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto».
Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: “Mostraci il Padre”? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere.
Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse.
In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre».

MEDITAZIONE 

Il posto preparato 

Il Vangelo ci riporta all’interno del cenacolo, un dialogo durante l’ultima cena, in cui Gesù parla del suo congedo, della sua Pasqua, della sua passione, morte e resurrezione. Davanti a questo discorso di commiato diremmo e, di testamento, in cui Gesù annuncia che dopo la sua morte va a prepare un “posto” ai suoi discepoli, loro, non possono che essere turbati. Perché la morte, di noi stessi e degli altri, non può non mettere turbamento; per quanto si possa esprimere coraggio davanti alla morte, la realtà vera umana prova turbamento. La casa del Padre è annunciata da Gesù come qualcosa di grandioso: c’è posto per tutti, anzi, ci sono dimore per tutti. Il Paradiso è la dimora di Dio dove, ognuno, avrà la sua dimora, il suo posto già preparato; la preparazione di cui parla Gesù è la sua morte e resurrezione. La Pasqua di Gesù è preparazione di tutta l’umanità a camminare verso, non solo l’immortalità, ma la resurrezione. Cristo è la via  tramite cui arrivare alla dimora del Padre. Cosicché, la nostra vita ha un senso, abbiamo la libertà di intraprendere la Via per arrivare nella dimora del Padre, nel posto che ci ha preparato Gesù Cristo. Lui stesso è la via perché è già resuscitato ed ha varcato i cieli, Lui stesso è la via di ciascuno di noi che, se scegliamo di percorrerla liberamente, vedrà come senso della vita la salvezza dell’anima e la nostra stessa resurrezione. 

Via, Verità e Vita

Giustamente quello che turba è la verità umana che evince Tommaso a Gesù: non sappiamo dove vai… Siccome non conosciamo quello che succede dopo la morte, diventa difficile spendere la vita per la resurrezione; sembrerebbe come sprecarla, allora, ci limitiamo alle scelte mediane tra fede e vita mondana. Non sappiamo cosa succede dopo la morte e, questa situazione di non conoscenza, ci turba oppure ci sprona all’atto di fede: intraprendere la via di Gesù Cristo. In questo caso, l’atto di fede, è vitale, cioè riguarda la scelta fondamentale della nostra stessa esistenza. Perciò la via di Gesù, o è scelta, oppure no. Intraprendere la via della resurrezione significa trovare il senso profondo  ed ultimo della storia solo in Cristo morto e risorto, Verità divina che ci ha creato e redento. Intraprendere veramente la via della verità, la via di Cristo significa far si che tutta la nostra vita si muove in funzione di Lui, del Risorto. Lui è l’unica possibilità che abbiamo per essere redenti, l’unica via possibile e l’unica Verità per cui siamo stati creati: allora Lui stesso diventa la nostra vita. 

La  conoscenza del Padre

Comunque non siamo destinati a camminare al buio. Nel momento in cui tutta la nostra vita si orienta, in tutte le sue scelte, piccole e grandi, verso Cristo: momento in cui decidiamo di intraprendere veramente questa via, momento in cui decidiamo di dare di questa Verità l’unico motivo fondamentale di vita, insomma quando Cristo diventa la nostra stessa vita: verremo redenti. Ma questa redenzione siamo chiamati a sperimentarla già da questa vita. Quando decidiamo di vivere per Cristo, con Cristo ed in Cristo allora, il nostro cuore e la nostra intelligenza: si aprono alla conoscenza del Padre. Cristo è il Messaggero che Dio ha mandato nel mondo per annunciarci la sua misericordia e la sua salvezza, ma Cristo è anche il Messaggio che il Padre ci ha mandato per credere; la vita stessa di Gesù è messaggio: Le parole che io vi dico… dice Gesù, sono le opere stesse del Padre. Ascoltando la Sua Parola, Dio Padre opera in noi attraverso l’attività del Figlio suo risorto: lo Spirito è questa attività del Cristo nel nostro ascolto della Parola, Lui stesso opera attraverso di essa come la pioggia e la neve che scendono dal cielo e non vi ritornano senza aver irrigato la terra e senza averla fatta germogliare…  (Is 55,10-11). 


Commento al Vangelo di

domenica 30 Aprile

Il Pastore divino

Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 10,1-10)

In quel tempo, Gesù disse: «In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore.
Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei».
Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro.
Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo.
Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza».

MEDITAZIONE

Il recinto e la porta 

Il Vangelo che abbiamo appena letto, ci mette davanti delle immagini, delle visioni che fanno scaturire dei sentimenti e dei pensieri importanti sulla presenza di Cristo risorto nella Chiesa. Come ai tempi di Gesù, la comunità cristiana, si sarà trovata davanti al dubbio della sequela di uno o più testimoni, in una o più comunità. Il nostro testo si dispiega come una metafora di contrapposizione tra Gesù di Nazareth e gli scribi, i farisei del suo tempo: mette in guardia da una parte di fronte alla falsità e dall’altra indica la strada verso la verità. Tre personaggi: il guardiano apre, il pastore chiama e le pecore ascoltano. Chi non apre non è il guardiano, ma scavalca il recinto chiuso; chi entra dalla porta aperta è il pastore. Ci sembrano parole scontate ma ci ricordano che la Presenza del risorto nel recinto della Chiesa è l’unica guida, Lui è l’unico Pastore, l’unico che ha oltrepassato la porta della vita, la morte, per poi risorgere per guidare il Suo gregge con il Suo Spirito. Se da una parte c’è la certezza che siamo chiamati a seguire il Pastore, dall’altra c’è la probabilità che qualcuno voglia prendersi il diritto di guidare il gregge. Serve un discernimento sempre vigile, nella Chiesa, sul comprendere che abbiamo bisogno di essere guidati, ma l’attenzione a coloro che pensano, spesso anche a giusta ragione, di “guidare” contro ogni possibilità gli altri.

Il Pastore è uno solo, Lui parla attraverso la sua Parola ed è presente nei Sacramenti.

La Parola del Pastore è già in noi

Il guardiano ed il pastore sono due immagini del Vangelo che vogliono dire la stessa realtà: la Presenza di Cristo risorto. Le pecore hanno bisogno di essere sollecitate per uscire dal recinto, si lasciano spingere fuori liberamente nonostante tutto perché riconoscono, nella voce del guardiano, l’amore e la sicurezza che le porterà ai pascoli verdi. Le pecore conoscono la voce del guardiano e lui le conosce tutte e ciascuna perché le chiama per nome. Seguire Gesù è una scelta libera, se ascoltiamo la sua voce, cioè la Parola di Dio, ci accorgiamo che: è Lui che parla a te, che parla a me… Quella tra noi e Gesù non è una conoscenza, almeno non solo, intellettuale, una conoscenza sentimentale ma ha qualcosa che è radicato nelle profondità della nostra vita, qualcosa che riguarda “chi siamo”, riguarda l’essere, direbbero i filosofi: riguarda l’ontologia. Un po’ come i legami di sangue, ci si riconosce non perché, almeno non solo, ci si è scelti, ma perché scorre lo stesso sangue… Ancor di più: noi siamo stati creati ad immagine del Verbo di Dio, fattosi uomo in Gesù Cristo e, ascoltando la sua Parola veramente, riconosciamo che le Sue Parole già scorrono in noi per l’opera della creazione. Nel nostro essere umani viventi abbiamo già dentro di noi l’immagine del Verbo di Dio fatto carne, la Parola di Gesù, il richiamo del Pastore divino. È già dentro di noi! C’è una libertà poi delle pecore, la nostra libertà, nel seguirlo oppure no… Lui non ci è estraneo! Noi non gli siamo estranei! Ci conosce per nome: cioè conosce la nostra verità, chi siamo,  cosa ci succede, come siamo,  come realizzarci, conosce anche quelle parti di noi oscure a noi stessi… Ma attenzione a chi si finge pastore ma è di fatto un estraneo perché, non siamo stati creati a sua immagine, l’estraneo ci conosce per sentito dire dagli altri o da noi stessi; Gesù ci conosce realmente, solo Lui!

Il Pastore dona la vita in pienezza, la libertà 

Per farsi capire meglio Gesù da di se anche l’immagine della porta: io sono la porta delle pecore.  Chi segue Gesù ha la libertà, quella vera: entra ed esce… Il cammino dietro a Gesù non può mai trovare costrizioni o coercizioni. La libertà è il modus agendi della comunità cristiana che non può e non deve forzare nessuno. Quando nella chiesa qualcuno si improvvisa, spesso pensando di fare il bene, a convincerci o ancor peggio a costringerci: si ottiene l’effetto diabolico che divide, la fuga o la emulazione di sistemi religiosi pari a quelli dei farisei e degli scribi del tempo. Quando le comunità crescono per emulazione, crescono grazie ai “ladri ed ai briganti” che non sanno nemmeno di esserlo e si improvvisano pastori, anche in tutta umiltà, assolutizzando non la voce del Pastore divino che è liberante, ma assolutizzando un richiamo che entra in collisione con il cuore dell’essere umano chiamato a vivere nella libertà. Quando, in qualsiasi modo, la libertà viene limitata, limitato ne è anche l’amore: e questo non è opera del Buon Pastore. Ognuno ha il suo “percorso” libero dietro al Buon Pastore che lo porta alla libertà,  cioè a vivere la vita in pienezza. Soltanto un legame strettissimo con il Pastore vero, che è la porta in cui si rivela una parte del misterioso nome di Dio, garantisce con abbondanza la vita (I. Gargano, “Lectio divina sul Vangelo di giovanni”, p. 138). 




Commento al Vangelo di

domenica 23 Aprile


Il Divino Viandante

dell’umanità  

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 24,13-35)

Ed ecco, in quello stesso giorno [il primo della settimana] due dei [discepoli] erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto. Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo.
Ed egli disse loro: «Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?». Si fermarono, col volto triste; uno di loro, di nome Clèopa, gli rispose: «Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?». Domandò loro: «Che cosa?». Gli risposero: «Ciò che riguarda Gesù, il Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; come i capi dei sacerdoti e le nostre autorità lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e lo hanno crocifisso. Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele; con tutto ciò, sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; si sono recate al mattino alla tomba e, non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. Alcuni dei nostri sono andati alla tomba e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l’hanno visto».
Disse loro: «Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui.
Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero: «Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto». Egli entrò per rimanere con loro. Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista. Ed essi dissero l’un l’altro: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?».
Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!». Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.

MEDITAZIONE

Mancanza di fede per la delusione, la frustrazione e il dolore. 

Come gli altri brani della manifestazione di Gesù risorto, anche questo,  comincia con un disagio che motiva il viaggio – cioè la fuga o l’allontanamento del luogo della Chiesa, che era il cenacolo – di due discepoli. Vivono una mancanza di fede con l’aggravante che mentre tutti rimangono a Gerusalemme, loro si allontanano. Sembrano proprio delusi da Dio e dalla realtà che vivono, con le loro aspettative frustrate… Mentre camminavano conversavano e discutevano insieme… Non sappiamo che tipo di dialogo era, ma, certamente, Gesù gli era diventato così estraneo che non comprendono la sua Presenza. È un po’ il cammino della umanità che si è allontanata da Dio e allontanata dalla comunità, dalla comunione nella Chiesa ed inesorabilmente: Dio gli diventa estraneo. Per millenni Dio ha fatto parte del vissuto umano, è entrato in ogni fibra dell’essere, della geografia, della storia. Non era estraneo ai credenti a causa della loro fede, non era estraneo ai non credenti perché era plausibile… Ora dovrebbe cambiare l’orizzonte. Ma come sarebbe quest’epoca nuova una volta chiusa la stagione di Dio ? (R. La Valle, “no, non è la fine, Lavis, 2021, p. 45).  

 Il volto dei discepoli di Emmaus è triste, non hanno voluto affrontare il dolore della Passione del Signore, del lutto per la morte, il dolore della delusione, del distacco e del pericolo; il vero pericolo è che l’umanità cerchi di non affrontare il dolore. Le persone che non sanno affrontare i dolori rimangono infantili, nevrotiche, vivono una vita di superficie, ben lontana dalla loro unicità. Costruire una vita solo sulle cene, le bevute, l’allegria créa spesso danni irreparabili all’ inconscio. Il dolore è un richiamo fondamentale in questo senso. In tutte le tradizioni religiose – parlo da laico – il dolore viene chiamato, cercato: pensate per esempio alla Quaresima e alla Pasqua cattolica e così via. Gli antichi e le tradizioni sapevano che escludere il dolore dalla vita è molto pericoloso, così come far finta di non vederlo e negarlo… (R. Morelli,  “vivere senza pesi mentali”, Milano, 2022, p. 47).

Il Divino Viandante accompagna l’umanità 

Un misterioso viandante si avvicinò e camminava con loro, si scambiano parole, Cleopa era ironicamente stupito che quel viandante non conoscesse cosa fosse successo a Gesù di Nazareth. Gli raccontano tutto l’accaduto e la testimonianza di alcune donne e dei discepoli che, tuttavia, senza la dimensione della fede, resta una storia vuota e sconvolgente come la tomba. Carichi di tristi pensieri, non immaginavano che quello sconosciuto fosse proprio il loro Maestro, ormai risorto. Sperimentavano tuttavia un intimo «ardore», mentre Egli parlava con loro «spiegando» le Scritture. La luce della Parola scioglieva la durezza del loro cuore e «apriva loro gli occhi». Tra le ombre del giorno in declino e l’oscurità che incombeva nell’animo, quel Viandante era un raggio di luce che risvegliava la speranza ed apriva i loro animi al desiderio della luce piena. «Rimani con noi», supplicarono. Ed egli accettò. Di lì a poco, il volto di Gesù sarebbe scomparso, ma il Maestro sarebbe «rimasto» sotto i veli del «pane spezzato», davanti al quale i loro occhi si erano aperti. (San Giovanni Paolo II, “mane nobiscum domine”, SCV, 2004, n.1). Gesù risorto prende l’iniziativa di andare incontro a loro, di condividerne la strada… Questo è il percorso dell’umanità, che accompagnata da Cristo risorto, in tutte le vicende della storia in senso generale e, della storia, in senso personale: potrebbe non riconoscere la presenza di Cristo. La stolta sapienza dei due di Emmaus è umana: quel profeta è morto, tutto è perduto. La sofferenza e la morte possono far dimenticare il senso della propria esistenza ed andare avanti così, come diceva lo psicoterapeuta che ho prima citato… Loro due erano lenti di cuore, ma, La luce della Parola scioglieva la durezza del loro cuore e «apriva loro gli occhi»…  Gesù risorto stimola l’intelligenza attraverso la Sua Parola, stimola alla cosiddetta Sapienza che è conoscenza di Dio. La Parola di Dio è la Parola di Gesù risorto, se la leggiamo con intelligenza, Lei, ad un certo punto, apre il cuore. Solo così possiamo sentire la voce del Risorto che ci accompagna, che ci consola, che ci Manifesta la sua Presenza. Tutto sta nell’accettare che la presenza di Dio non è data dalle aspettative umane, come quelle che avevano i due discepoli di Emmaus, quanto invece nell’ entrare nei cuori. Anche come Chiesa spesso siamo più presi da altro dando per scontata la fede. Capita ormai non di rado che i cristiani si diano maggior preoccupazione per le conseguenze sociali, culturali e politiche del loro impegno, continuando a pensare alla fede come un presupposto ovvio del vivere comune. In effetti, questo presupposto non solo non è più tale, ma spesso viene perfino negato. Mentre nel passato era possibile riconoscere un tessuto culturale unitario, largamente accolto nel suo richiamo ai contenuti della fede e ai valori da essa ispirati, oggi non sembra più essere così in grandi settori della società, a motivo di una profonda crisi di fede che ha toccato molte persone. (Benedetto XVI, “la porta della fede”, SCV, 2012, n.2).

Riconobbero il Viandante Misterioso

Come cambia l’esperienza di questi due discepoli incontrando Gesù risorto! Come cambia la tua vita se incontri Gesù risorto! Dalla fuga: dal dolore e dalle paure, dalla tristezza e dalle frustrazioni, in cammino sul sentiero che potremmo chiamare “senza fede” verso un paese non senso (Emmaus che gli studiosi dicono che forse neanche esisteva), la Parola di quel viandante apre l’intelligenza con le Scritture fino ad illuminare e scaldare il cuore. Dall’esperienza della strada, entrano nel villaggio e, insistendo con Lui di restare perché si fa sera, la loro esperienza diventa intima con quel ancora Misterioso Viandante. Ma ora il contesto non è più la strada: ma l’intimità di una tavola per la cena, dove si fa esperienza dell’amore e, in loro, cresce di nuovo sempre di più la fede. E’ significativo che i due discepoli di Emmaus, convenientemente preparati dalle parole del Signore, lo abbiano riconosciuto mentre stavano a mensa nel gesto semplice della «frazione del pane». Una volta che le menti sono illuminate e i cuori riscaldati, i segni «parlano». L’Eucaristia si svolge tutta nel contesto dinamico di segni che recano in sé un denso e luminoso messaggio. E’ attraverso i segni che il mistero in qualche modo si apre agli occhi del credente… I due discepoli di Emmaus, dopo aver riconosciuto il Signore, «partirono senza indugio» (Ic 24, 33), per comunicare ciò che avevano visto e udito. Quando si è fatta vera esperienza del Risorto, nutrendosi del suo corpo e del suo sangue, non si può tenere solo per sé la gioia provata. (San Giovanni Paolo II, “mane nobiscum domine”, SCV, 2004, n.14.24). 

L’esperienza che fa ardere il cuore nel petto è l’esperienza dell’Amore di Dio; quando si fa questa esperienza, da cui ci si può anche allontanare, la gioia e l’amore per l’umanità diventa contagioso attraente per i lontani. Diventa forte, dopo aver capito che si è incontrato il Cristo risorto l’ardore del cuore, tanto che non si può tacere, ma sfocia nella esperienza di far vivere agli altri quello che si è vissuto. La fede, se è vera, non te la tieni per te, perché è come un fuoco incontenibile… La fede, infatti, cresce quando è vissuta come esperienza di un amore ricevuto e quando viene comunicata come esperienza di grazia e di gioia. Essa rende fecondi, perché allarga il cuore nella speranza e consente di offrire una testimonianza capace di generare. (Benedetto XVI, “la porta della fede”, SCV, 2012, n.7). 


Commento al Vangelo di

domenica 16 Aprile

Dal vangelo secondo Giovanni (Gv 20, 19-31)


La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. 
Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».
Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».
Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».
Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome. 

MEDITAZIONE 

Porte chiuse e… paura

La sera i discepoli del cenacolo stanno a porte chiuse, con tanta paura di essere anche loro imprigionati e processati perché seguaci di quel Gesù, che, già si era mostrato risuscitato la domenica prima. La sera, le porte chiuse e la paura sono tre segni del disorientamento che loro vivono. Disorientamento psicologico fatto di ansia, paura per il futuro, la stanchezza per tutto ciò che era successo… Il disorientamento dei discepoli di Gesù dopo la sua morte e resurrezione porta in se tutto il disorientamento umano davanti ai tormenti, ai ripensamenti, ai dubbi, alla solitudine… tutto confluisce nella testa con una pesantezza mentale ma, i loro problemi, sono illusione del proprio “io”. Un disorientamento e paura che chiude la porta alla gioia, alla speranza… frammista alla delusione che porta alla voglia di fuga – come avverrà per i due discepoli di Emmaus – o ad un senso di solitudine esasperante. È anche disorientamento ecclesiale quando le nostre comunità dimenticano che il loro senso è Cristo risorto e non i risultati o la contentezza o il senso di benessere… Tutto questo peso mentale personale ed ecclesiale gli fa chiudere la porta del cuore e del cenacolo; ma anche a porte chiuse è possibile incontrare il Signore. Anzi, proprio in quel “esilio” irrompe il Risorto. 

Venne Gesù e stette in mezzo

A porte chiuse è Gesù che irrompe e appare all’improvviso in mezzo a loro, Gesù irrompe e dona quello che mancava ai cuori: pace a voi! L’iniziativa di manifestarsi nel cenacolo, così come nella nostra vita: è sempre di Dio. Per Sua Iniziativa Gesù si manifesta risorto. Cosa hanno fatto i discepoli perché avvenga questa manifestazione? Niente. Hanno solo aspettato senza fuggire, ci sono stati, erano presenti li con tutte le contraddizioni dell’essere li. Loro c’erano. Essere nel luogo dell’incontro con Cristo, essere nel cenacolo nonostante il disorientamento, il rischio della persecuzione, il rischio di perdere tempo e tanta paura; esserci nel cenacolo – nel luogo della Chiesa come scelta di vita – perché Gesù risorto prima o poi irrompe, arriva e ci ritrova al suo cospetto. L’essere comunità deve andare oltre il funzionalismo dell’essere in parrocchia per fare questo o quest’altro e, viverla, come ambiente di vita perché li, prima o poi,  nel nostro esserci, il Maestro si manifesta. 

Ad irrompere è il Corpo di Cristo risorto con tutte le sue piaghe… I discepoli avranno soltanto ripetuto il rito del pane e del vino ma poi è Lui a fare il resto: si fa Presenza. 

Mandati… ricevono il “Soffio” di Cristo

Gesù annuncia loro solo la pace. Conosce il loro disorientamento e non gli propone un tempo di riflessione, di preparazione, un tempo per riprendersi. Ma subito li manda in missione. La missione della primissima Chiesa, come oggi, non è frutto della congeniale possibilità strategica umana o di schematismi religiosi, quanto invece è lo Spirito di Cristo, il suo Soffio, la sua vitalità a mandare fuori i discepoli rinchiusi nel loro disorientamento… Vi mando! Il mandato non è una consecutio di un tempo, se non della fede nello Spirito santo che mantiene attivo il Risorto nella Chiesa. Immaginiamoci i discepoli, prima disorientati ma presenti nel cenacolo, poi stupefatti dalla presenza del Corpo del Risorto, poi subito mandati in missione. Non sono pronti per andarci secondo una logica umana, ma lo Spirito santo li rende pronto perché entra dentro di loro. 

La missione della Misericordia 

Quale è il primo messaggio che dovrà portare la Chiesa nascente ? La misericordia: perdonerete i peccati! Dobbiamo seriamente riconoscere che come Chiesa siamo chiusi nel cenacolo del puritanesimo, degli uomini e donne che si sentono pulite dal peccato. Spesso la Chiesa chiude la porta del cenacolo per non far entrare i peccatori – come se in chiesa non ci fossero peccatori – o ancor peggio li caccia… e non parlo dei peccati piccoli, quello che chiamavamo veniali, quanto dei peccati mortali: i peggio. Perdonate! Perdonatevi! Perdonate proprio dove li il perdono non è affatto meritato e manco recepito, ma perdonate! La Chiesa ha questo primo annuncio del risorto che è il proseguo delle ultime parole di Gesu dal sulla croce: Padre perdonali! Spesso siamo chiusi, spesso la comunità è chiusa! Dobbiamo uscire da questa “chiusura” ipocrita! Perdonare e annunciare la misericordia che è il primo atto di amore e anche quello più estremo. Perché il Vangelo non è per i perbenisti religiosi, ma è per i miserabili, per coloro che hanno bisogno dell’Amore di Dio, che hanno bisogno dell’amore comunitario, che hanno bisogno di misericordia, è per l’umanità lontana dall’amore vero!

Sii credente! 

Noi siamo nel “tempo dì Tommaso”: le testimonianze dei discepoli ci dicono che lo hanno visto risorto, ma noi, vorremmo cederci, a volte ci crediamo, altre volte dubitiamo: abbiamo bisogno di prove.

Beati noi che non abbiano visto, se crediamo, perché, abbiamo sviluppato la vista del cuore e della ragione: La Sapienza. Cristo è risorto ed è vivo ed attivo nella sua Chiesa grazie allo Spirito santo. Le parole di Gesù a s. Tommaso si possono interpretare in tanti modi… Mi viene quello che è espresso dalle ultime vicende che ha visto Gesù patire e morire sulla croce, dato l’accento che viene messo nel testo sulle piaghe del Corpo di Cristo: Tommaso, io ho sofferto per te, sono morto per te, non essere più incredulo, ma credente! Io ho sofferto per te, sono morto per te, non essere più incredulo ma credente. Stacci! Essere presenti più che fare, perché così avremo la vita nel Suo Nome.

Verbale Consiglio Pastorale del 16/1/2023

Verbale Consiglio Pastorale del 16/1/2023

8. Novembre, 2022NewsNo comments

CPP 16/01/2023

Il CPP comincia alle ore 20:50 con la preghiera e la lettura di AT 8,26-40 (Filippo e l’Eunuco) ed un brano della catechesi del Papa del 13/01/2023.

Sono presenti, oltre al parroco ed al diacono, 11 rappresentanti dei vari gruppi.

Il parroco sintetizza i risultati del precedente CPP e dei tre cantieri di cui si tratterà nei gruppi durante questo anno pastorale.

Punti salienti:

  • Non si parla di uniformare l’evangelizzazione. Occorre porsi, in ogni gruppo, la domanda su cosa vada, cosa non vada e cosa vi sia da rinnovare nel nostro modo di evangelizzare.
  • Il Papa ha chiesto di avere un atteggiamento sinodale, di dialogare continuamente sia tra gli operatori pastorali che con coloro che non frequentano la parrocchia.

Segue la catechesi di don Stefano sul brano degli Atti, i cui punti focali sono i seguenti:

  • Il brano si pone tra il martirio di S. Stefano ed il primo sinodo, dove si discuterà del dare il battesimo ai pagani.
  • Bisogna evangelizzare in modo esodale, sia uscendo dal nostro gruppo di appartenenza che da noi stessi.
  • Forse il covid ha portato ad una riscoperta della Chiesa; l’immagine che ne abbiamo è quella di un arcosoglio, sotto al quale passano moltissime persone, molte non si fermano, ma alcune sì ed hanno desiderio di partecipare alle attività parrocchiali.
  • La strada deserta, dove l’angelo manda Filippo ad evangelizzare, è figura di strade mai battute da noi, nuove, dove nessuno è mai stato sinora e dove il Vangelo non è stato ancora annunciato.
  • Il brano è fuori dagli schemi. Ci porta a spostare lo sguardo su persone che non pensiamo possano stare nella chiesa, scomunicata come l’eunuco, ma simpatizzante per il Dio di Israele.
  • Filippo non poteva accostarsi ad uno scomunicato, ma addirittura sale sul suo stesso carro, per farsi vicino a lui nell’evangelizzazione. Nonostante questo atto sia contrario alla prassi ebraica, è interpretato come un farsi vicino con amore verso l’eunuco. Questo ci invita a fare un tratto di strada con chi ci viene posto davanti, chiunque sia e qualunque situazione personale possa avere.
  • L’eunuco pensava che fosse lui il sofferente, invece è Gesù, come gli viene spiegato da Filippo, che gli annuncia il Kerygma.
  • Il mondo adesso chiede di essere evangelizzato con amore. Siamo chiamati allora ad amare prima e poi ad evangelizzare. Questo doppio movimento richiede tempo per evangelizzare, coraggio per salire sul carro del prossimo.
  • Alla fine, chiede di essere battezzato. Anche questa azione è fuori dagli schemi, perché anche Filippo si immerge con l’eunuco nel battesimo, ma in fondo lo fa nella sua realtà.
  • L’evangelizzazione fa fare ad ognuno le proprie scelte. Una volta ricevuto l’annuncio, si può procedere per la nostra strada, senza chi ci abbia accompagnato sino a quel momento. È un insegnamento “educativo”.

Nel prossimo CPP parleremo dell’accompagnamento al lutto, terreno fertile di pastorale che deve essere avviato. Si parlerà anche della pastorale di ascolto della disabilità. Entrambe sono strutture d’amore che trovano il loro inizio nell’ascolto del prossimo.

DOMANDE (dal foglio con “Invocazione allo Spirito Santo”)

I gruppi risponderanno alle tre comande proposte, dopo la presentazione della catechesi. Occorre rispondere alle domande che il Papa ci pone, in modalità sinodale, in cui tutti i gruppi parlano e relazionano al CPP.

Domanda 1) “Vivo la mia fede sapendo che Dio, che ricevo dal Vangelo e dalla comunità, devo donarlo prontamente e non consecutivamente?”

Le risposte sono le seguenti:

SI è sempre pronti a dare all’altro quello che il Vangelo propone.

È un auspicio poter donare subito il Vangelo agli altri.

È un messaggio che trasforma profondamente la vita di chi lo riceve e che rende capaci di testimonianza negli ambiti di vita.

Sicuramente è difficile testimoniare l’amore di Cristo nel mondo del lavoro. Chi accoglie l’annuncio, rimane colpito dall’annuncio fatto con tenerezza, modalità che lo Spirito Santo ci suggerisce e che colpisce positivamente chi ci ascolta.

È importante donare il Vangelo che riceviamo, anche con un sorriso. Attraverso la trasformazione personale, si prova ad accompagnare verso Gesù le persone che sono lontane dalla chiesa e che sono bisognose di un annuncio di fede.

Quello che si riceve si deve prima meditare e poi trasmetterlo, deve essere consecutivo e non contemporaneo.

Le persone si fidano dei testimoni che incontrano.

Se sperimentiamo la presenza di Dio, lo possiamo testimoniare.

Sono testimone anche nel non reagire negativamente, per esempio, a situazioni critiche di vita in cui il resto del mondo avrebbe fatto una scelta opposta. Colpisce la testimonianza di come si comporta un cristiano in determinate circostanze di vita.

Vedere Dio nell’altro, nell’esempio di chi fa capire qualcosa di diverso rispetto a quello che pensano tutti gli altri.

Incontrare Dio nei poveri, che sono nella comunità, fa donare subito ciò che si è ricevuto.

L’essere meno frenetici nelle situazioni parrocchiali, permette di seguire meglio i tempi dell’ascolto della parola e del donare agli altri il Vangelo ricevuto.

Il Papa afferma che mentre si riceve la Parola di Dio, si può donare subito al prossimo.

Domanda 2) “Si vive la parrocchia sapendo e respirando l’aria che siamo tutti nello “stesso carro”?”

Risposte emerse nel CPP: Si, mi sento a casa quando sto nella chiesa, a messa.

Ni, perché non conosco tutti, aiuterebbe vivere dei momenti insieme.

Per vivere al meglio la parrocchia, occorre partecipare ai servizi, per conoscersi di più tra operatori pastorali e tra parrocchiani.

L’aria della parrocchia si vive più nei gruppi, di meno comunitariamente, perché i gruppi sono sempre presi nei loro programmi ed attività.

Si suggerisce di svolgere qualche attività o servizio meno settoriale, al fine di per conoscersi meglio.

Nella parrocchia si riesce ad entrare in sintonia con gli altri che anche non conosci.

Non mi sento nello stesso carro se non conosco la vita dell’altro per poter andare in croce per lui.

Si, si sente l’appartenenza alla parrocchia, ci si sente inseriti e ci si sente inseriti nel carro.

Domanda 3) ”Il gruppo, la comunità, il servizio in cui sono inserito/a: vive una missionarietà che sappia mettersi in gioco “sul carro” dell’imprevedibilità? Come vive l’annuncio missionario? L’amore è il veicolo della evangelizzazione oppure lo è il convincimento?”

Non rispondiamo subito, ci interroghiamo nei gruppi con le tre domande, nel prossimo CPP rispondiamo solo alla terza domanda. Ci si reincontrerà poi nei gruppi prima per rispondere alle domande pastorali, per poi riferire le conclusioni nel prossimo CPP.

Varie ed eventuali

Si terrà a Morlupo, dal 10/3 al 12/3, il ritiro quaresimale di tutti gli operatori pastorali.

Nel mese di maggio sarà organizzata una celebrazione eucaristica per i malati durante la s. Messa delle ore 18.

Si chiede se sia fattibile convocare un CPP straordinario per organizzare le celebrazioni liturgiche comunitarie più importanti.

Si verifica l’adesione alle “benedizioni senza fretta”, osservando che sono pervenute dai gruppi solo 9 adesioni per l’accompagnamento dei sacerdoti e del Diacono; le comunità neocatecumenali comunicano la disponibilità di ulteriori 22 persone disponibili nei vari giorni.

Il CPP termina alle ore 23 circa, con la preghiera di compieta.


Verbale Consiglio Pastorale del 5/12/2022

Il CPP comincia alle ore 21 alla presenza del Vescovo, del presbiterio e di 25 parrocchiani, membri del CPP e dell’equipe pastorale.

Dopo la preghiera e la lettura del Vangelo di Marta e Maria (Lc 10,38-42), il Vescovo svolge la sua prolusione, indicando le aree di difficoltà che la Chiesa Italiana ha trovato come riflessione a livello nazionale, proposte a livello diocesano.

Una, in particolare, è quella dei giovani, i quali non si sentono compresi, e vogliono avere le risposte della Chiesa su molti temi che li riguardano.

Le tre aree alle sono quelle della strada (1), della casa (2) e del servizio (3).

1) A quest’area appartengono il mondo del lavoro, dei giovani, dei poveri (anche se già attenzionati attraverso le Caritas)

2) A quest’area afferiscono la dimensione casalinga e familiare. Gesù Cristo ha vissuto nelle case e lì anche predicava; la Chiesa deve avere questa dimensione familiare. Le case devono essere più chiesa e le chiese più casa.Occorre verificare se lo stile utilizzato in questo “cantiere”sia di accoglienza o meno. Ci si deve domandare come recuperare la dimensione di Chiesa, e nelle parrocchie, come decentramento nelle case.

3) Quest’area prende spunto dalla frase che Gesù dice a Marta, riguardo il richiamo per l’affanno per molte cose. Questariflessione deve orientare il nostro servizio, che deve puntare all’ambito della formazione. Spesso si guarda all’aspetto funzionale della Parrocchia, delle cose da fare, ma ci si dimentica della formazione, e della motivazione per cui si svolge un servizio parrocchiale.

Successivamente, viene letta la relazione di sintesi delle risposte pervenute dai gruppi alle quattro domande sui “cantieri sinodali”, che viene allegata al presente verbale (allegato 1).

Di seguito, alcune considerazioni del Vescovo, del presbiterio e dei partecipanti alla riunione.

• È un dato di fatto che l’infernetto sia sprovvisto di luoghi di aggregazione, ma ci sono “villaggi interi” che giungono dentro di noi.

• Viene riferito che riprenderanno le “Benedizioni senza fretta”, adottando la stessa modalità dell’ultima esperienza svolta, fermata per la pandemia. Dopo la visita nelle case, saràriportata nelle preghiere dei fedeli domenicali la voce del territorio, pregando per le persone che si incontrano durante la benedizione. Si ipotizza di coinvolgere negli incontri con le famiglie anche i ragazzi del post-cresima, che possono fare da collante coi ragazzi che incontreranno.

• Viene chiesto come entrare in relazione con le persone per le benedizioni e se il metodo usato sia efficace. La risposta è positiva, sia per l’esperienza maturata da tempo con le persone che accompagnano i consacrati, che dal lato della risposta delle famiglie stesse.

Il Vescovo chiede all’assemblea quale cantiere possa essere sviluppato per primo e, principalmente, in quest’anno, vista la ricchezza delle proposte pervenute e alla luce delle difficoltà nella realizzazione del primo.

• Senz’altro ci sono da capire le lacune e le esigenze del quartiere.

• Viene evidenziato che, tramite l’associazione happy Time, è iniziato un ascolto per le persone e genitori di figli con disabilità.

• Il cantiere primario da cui partire può essere invece quello della formazione, che comprende l’ascolto della Parola. Per cerchi concentrici si potrà poi cominciare a portare la Parola ed approcciare le persone che sono lontane dalla Chiesa.Anche la preghiera ha un ruolo importante in questo ascolto. Viene obiettato, di contro, che in parrocchia si proponga anche troppa formazione; forse può essere il caso di proporne solo una, ma focalizzata.

• SI osserva che i giovani d’oggi non si avvicinano alla fede, perché non vogliono rinunciare a nulla. Viene rimarcato da più parti che non sia possibile partire da tale modalità, senza spiegare preventivamente la bellezza della vita cristiana. La chiesa e Cristo annunciano l’amore; la scelta di un’eventualerinuncia sarà fatta in coscienza dal singolo, e quest’ultima non sarà intesa come un peso. I ragazzi vanno accolti, portati a capire cosa sia meglio per la loro vita. La vita dei ragazzi è peraltro disorientata da messaggi contrastanti che gli vengono dalla parrocchia e da casa; sta a noi proporre, con la nostra testimonianza, l’importanza della vita cristiana.

Il Vescovo propone di orientare gli sforzi delle comunità parrocchiali, per quest’anno, verso una “Formazione all’accoglienza”. Essa dovrà contenere l’attenzione alle famiglie. Quest’anno possiamo fermarci semplicemente sullo “stile”, sul “”cosa” ci permetta di essere più accoglienti verso le persone. Per marzo sarà richiesta una sintesi delle cose fatte, ma focalizzata sullo stile.

Si evidenzia che le persone hanno un desiderio, che gli viene suscitato dal Signore: sta a noi saper intercettare quale sia questo desiderio, anche con modalità non strutturate e non usuali, ma che ci permettano di ascoltare coloro che si avvicinano alla parrocchia.

Infine, viene osservato che da qualche anno esiste un cantiere che viene portato avanti per le cresime. C’è una vicinanza ai ragazzi dei sacerdoti, assistenti e catechisti, che sta potando a risultati di vicinanza. Questa modalità è la chiave di lettura molto valorizzata dal Vescovo, che ne riafferma l’importanza nel tessuto parrocchiale, vivendo in una fascia d’età di grande attenzione. 

Si termina con la preghiera di Compieta e la benedizione del Vescovo alle ore 22.40 circa.

Il prossimo CPP è convocato per lunedì 16/01/2023 alle ore 20,30.

ALLEGATO________________________________________

PREMESSA

Nell’ambito del secondo anno del cammino sinodale della Diocesi di Roma, il Consiglio Pastorale del 07/11/2022 ha coinvolto tutti i gruppi, movimenti e comunità, presenti in parrocchia, nella discussione sulle tre domande scelte dal parroco come rappresentative della tematica dei “cantieri sinodali” e sulla domanda, posta dal Papa, relativa alla formazione liturgica.

La maggior parte dei gruppi ha risposto, segno che il tema ha suscitato un’ampia riflessione all’interno della comunità parrocchiale. 

Questa sera presenteremo una sintesi delle risposte pervenute. 

Il criterio di sintesi adottato è stato quello di presentare, in ordine, le indicazioni più frequenti e sentite all’interno delle varie realtà e, a scalare, quelle meno citate, espressione delle indicazioni pervenute dalle realtà parrocchiali. 

Alcune proposte si ripeteranno, in quanto riferite a tematiche conseguenti o comuni.

1. Cantiere. Verso quali ambienti vitali possiamo allargare il raggio di azione del nostro ascolto?

• Prima di andare a cercare le persone fuori dalla parrocchia per cercare di coinvolgerle, dovremmo costruire ambienti e percorsi capaci di far restare nella chiesa le persone che già vi giungono per varie vie (battesimi, comunioni, cresime, matrimoni, funerali, ecc.). 

• Uno degli ambienti, verso i quali la maggior parte dei gruppi ha concordato l’urgenza di un contatto stabile e duraturo nel tempo, è quello delle famiglie dei ragazzi che si accostano ai sacramenti, specialmente della comunione e della cresima, definiti come un “Villaggio che arriva dentro la parrocchia”, per la quantità di iscrizioni che giungono da anni. Sicuramente l’ambiente sociale, formato principalmente da coppie giovani con figli in età scolare, porta ad una grande richiesta di poter ricevere i sacramenti dell’iniziazione. 

• Quello che già esiste è senz’altro la fase di accoglienza, ben strutturata alle comunioni sin dal primo colloquio coi genitori, che si ripete alle cresime, con un contatto telefonico diretto verso le famiglie dei comunicati degli anni precedenti. I genitori che si sentono coinvolti sono quelli che hanno sete di amore, di aiuti concreti da noi che abbiamo ricevuto la “carezza di Dio” e ci impegniamo per portarla agli altri.

• Un punto d’attenzione, che è conseguenza di questo contatto, è il seguente: si dovrà rivolgere uno sforzo maggiore verso la comprensione del ruolo dei catechisti dell’iniziazione ed alla loro formazione. Essi sono chiamati ad essere “maestri di umanità”, e non solo dei meri accompagnatori settimanali nell’ora di incontro e nella messa domenicale. Per il loro ruolo, diventano a loro volta le prime persone affidabili a cui le famiglie si rivolgono, soprattutto nelle situazioni di difficoltà che vengono condivise. Questo compito, come è chiaro dal Concilio, è tipico della corresponsabilità dei laici, i quali sono la parte stabile della parrocchia. 

• Le iniziative che possono essere intraprese per far sperimentare la bellezza della vita cristiana, specialmente nel passaggio dei figli dalla frequenza del catechismo al dopo catechismo, passano necessariamente per il coinvolgimento attivo delle famiglie, a partire dai servizi liturgici, (offertorio, letture, canti, gruppi di ascolto tematici coi sacerdoti o qualche catechista esperto, …) in modo che i genitori sentano progressivamente propria la corresponsabilità non solo nella liturgia ma anche, progressivamente, nel servizio alla chiesa.

• Per aiutare bambini e ragazzi a restare e crescere all’”ombra del campanile”, al di là del catechismo, si propone di creare un oratorio, proponendo attività ludiche e ricreative, con la possibilità di coinvolgere anche intere famiglie e persone anziane. Questo per dar modo di vivere momenti di incontro e convivialità che siano un antidoto alla solitudine, indifferenza e carenza di relazioni che si vive nel nostro quartiere, storicamente sprovvisto di spazi di aggregazione.

• Per poter raggiungere le persone che non vengono in chiesa, si propone di riprendere le benedizioni nelle case, attività già ben organizzata ed interrotta per la pandemia. L’approccio alle famiglie, congiunto del sacerdote assieme ad un laico, è ottimale per stringere relazioni che aiutino a riportare le persone a fidarsi della parrocchia e, successivamente, avvicinarvisi partecipando attivamente.

• Altro cantiere è l’accompagnamento al lutto e funerali dei fedeli che vivono questa situazione per un familiare. Sono meno visibili, perché vissuti privatamente, però bussano alla parrocchia in un momento difficile della fede. Il funerale parla direttamente a noi e mette in discussione la nostra vita. Una comunità, che accompagna nella fede queste persone, deve essere in grado di testimoniare la risurrezione, che è il cuore del messaggio evangelico.

• Si propone l’apertura di un centro di ascolto, che sia in grado di accogliere con competenza tutte quelle richieste di aiuto che provengono dal territorio parrocchiale che vadano oltre il bisogno materiale. Tale servizio può essere rivolto a persone di diverse età, genere e estrazione sociale, che chiedono di essere ascoltate per affrontare e superare le difficoltà che la vita mette loro dinanzi, specialmente nella solitudine, per perdite o malattia dei familiari, senso di smarrimento, assenza di punti di riferimento e valori, depressioni o paure. Appare necessaria una struttura adeguata ai bisogni espressi. Attualmente, dopo un primo momento di ascolto, solo poche persone continuano a tornare in parrocchia; a volte perché la relazione che si stabilisce non sempre è adeguata alle loro richieste, specialmente nei tempi. Per un centro di ascolto adeguato c’è senz’altro bisogno di disponibilità di tempo ed attenzione, senza affanni o agitazioni come indica Gesù a Marta o, come nell’incontro di Gesù con la samaritana, per aiutare a riscoprire, nell’annuncio del Vangelo, l’acqua viva che disseta per l’eternità. 

• Si può istituire un servizio denominato “preghiamo insieme”, rivolto ad aiutare/guidare le persone nella preghiera. Può essere rivolto sia a chi voglia trovare costanza nel rapporto personale col Signore, sia per coloro che sporadicamente si accostano alla chiesa, coinvolgendoli in ogni caso in gruppi costituiti ad hoc per avvicinare alla preghiera tutti coloro che ne sentano la necessità.

• E’ stata segnalata da più parti la necessità di costituire dei gruppi di ascolto della parola, aperti a tutti, da tenersi in parrocchia o nelle case, coinvolgendo il vicinato. L’idea comune è quella di farli guidare da sacerdoti o, meglio, da laici preparati. 

A questo fine, si potrebbe dividere preventivamente la parrocchia in zone e operare una dinamica di coinvolgimento in più fasi. 

Una prima, con le benedizioni delle famiglie per zone. 

Una seconda, coinvolgendo i destinatari delle benedizioni ed i loro vicini, organizzando dei centri d’ascolto nelle case, seguiti da catechisti o operatori pastorali. 

Una terza, con una messa periodica nella zona. 

• Aprirsi verso l’ambito delle coppie non sposate in chiesa, delle coppie separate, genitori soli, giovani vedovi. Questi genitori potrebbero essere coinvolti nel periodo in cui i figli sono impegnati nell’iniziazione cristiana, o anche per incontri tematici o collaborazione nei servizi che la Parrocchia rende disponibili, spirituali e materiali.

• Per l’ambito dell’ascolto si può pensare a gruppi di condivisione di esperienze di vita, che una guida esperta religiosa o laica potrebbe collegare alla Parola, facendo scoprire la gioia di stare insieme a pregare, parlare, piangere e ridere.

Altre proposte pervenute sono le seguenti:

• Entrare nelle scuole, per relazionarsi con i bambini e soprattutto con i ragazzi / giovani che vivono situazioni di disagio e di vuoto emotivo e spirituale. Spesso i genitori dimenticano di “guardare e parlare” con i figli. Questo anche per dare ai giovani una parola di speranza, perché hanno bisogno di parole di vita.

• Collaborazione con i Servizi Sociali territoriali, anche formandosi per la tutela dei minori.

• Coinvolgere gli amanti degli animali e/o gli sportivi del nostro quartiere.

• Le categorie dei ragazzi, dei giovani (18/20 anni) per consegnare loro una parola di speranza e di vita, specialmente per casi di depressione e degli anziani, spesso lasciati soli.

• gruppi di lavoro artigianale e/o artistico che possono produrre manufatti o opere artistiche da proporre ai fedeli all’uscita della chiesa, utilizzandone i proventi per le finalità caritative della parrocchia.

2. Cantiere. Che cosa possiamo cambiare perché gli uomini e le donne del nostro tempo si sentano a casa nelle nostre comunità?

Da alcune realtà è stato segnalato che le persone che occasionalmente si accostano alla messa o alla parrocchia, a volte si sentono estranee, invisibili, o comunque non si ritrovano nei modi della chiesa. 

Devono allora trovare persone che le accolgano, a partire da due punti nodali: la segreteria parrocchiale e la messa domenicale, i punti di “frontiera” della parrocchia con il quartiere. 

Devono essere aiutate a trovare Gesù nel fratello/sorella che incontrano. L’accoglienza e l’ascolto devono essere completati da una buona dose di sensibilità nei confronti del prossimo che incontriamo, specialmente dei più deboli.

Ciò che fa sentire a casa una persona, è 

• l’essere considerata

• sentirsi accolto nella chiesa come tra le braccia di una madre con calore, gioia, affabilità ed assenza di giudizio.

Nell’approccio con l’altro bisogna cambiare per primi noi stessi, che partecipiamo della vita parrocchiale, iniziando con l’essere più gioiosi e ponendoci in ascolto, fermando la corsa del nostro fare quotidiano. In questo occorre trovare un equilibrio nell’essere un po’ Marta ed un po’ Maria.

• Si propone di creare un servizio di accoglienza che possa dare il benvenuto con un sorriso alle persone che entrano in chiesa. Il celebrante potrebbe fermarsi alla fine della messa a salutare le persone ed a scambiare con loro alcune parole.

• Accoglienza in particolare verso le coppie non sposate in chiesa e quelle separate, nonché alle famiglie monogenitoriali (perché è stata tolta la patria potestà a uno dei due o per vedovanza precoce, per genitori in carcere,…). Questo, in modo particolare, durante gli anni di frequenza del catechismo dell’iniziazione da parte dei figli, per poi proseguire, anche con incontri specifici, alla luce dell’insegnamento della chiesa.

• Per favorire la conoscenza tra le persone e un’esperienza di incontro con Cristo fatto carne, si suggerisce la possibilità di creare piccoli gruppi di ascolto del Vangelo nelle case, affidandoli a diaconi e laici maturi, in un cammino di corresponsabilità nell’annuncio del Vangelo.

• Invitare, durante la messa, persone diverse dalle solite a leggere le preghiere dei fedeli o a passare i cestini per l’offertorio.

3. Cantiere. Quali sono i servizi e i ministeri più apprezzati e quelli che si potrebbero promuovere nella nostra comunità cristiana?

Più apprezzati

• Uno dei servizi più apprezzati è stato quello del servizio d’ordine durante il periodo del covid. I fedeli sono venuti anche da altre parrocchie perché si sentivano più protetti che in altre parti, e accolti con attenzione. 

• Altro servizio molto sentito dai gruppi ed apprezzato, è l’incontro delle persone nelle case di riposo e relativa messa periodica, la visita agli ammalati che porta il conforto dell’eucarestia. Si propone anche di visitare le famiglie con malati e le persone sole, perché queste realtà hanno bisogno in special modo di consolazione.

• la Caritas

• il medico per l’assistenza sanitaria

• la liturgia prefestiva e festiva

• la lectio divina

• il gruppo biblico 

• il gruppo per coppie 

Da promuovere

• Una nuova modalità di servizio d’ordine, che può essere orientata all’accoglienza dei fedeli in chiesa, mostrando cortesia, gentilezza, garbo, accoglienza. Cercando di non andare di fretta, ma fermandosi con chi ci si avvicina, per costruire relazioni.

• Servizio “preghiamo insieme” per aiutare/guidare le persone nella preghiera.

• Un servizio di ascolto specifico rivolto alle disabilità, specialmente di adulti, magari con il coinvolgimento dell’Unitalsi, di cui abbiamo alcuni esponenti in parrocchia. 

• Vocazioni al lettorato, accolitato, ministri straordinari dell’eucaristia

• Si suggerisce di proporre percorsi di formazione sulla Scrittura, vista la grande importanza che ricopre l’ascolto della parola di Dio nella vita cristiana e quanto ne sia ancora scarsa la conoscenza. 

• L’oratorio, come già descritto al punto 1, per i più piccoli, con corsi di arte, canto, musica, scrittura, web ecc. 

• Confessionale aperto tutti i giorni negli orari post lavoro, per invitare le persone a riaccostarsi al Sacramento della Riconciliazione.

• Si propone di organizzare giornate di ritiro in parrocchia a cui tutti possono partecipare, in cui vivere momenti di formazione, momenti di preghiera e momenti di condivisione e convivialità, per essere sempre più “un cuor solo e un’anima sola” ed essere pronti e preparati all’annuncio del Vangelo.

• Catechesi settimanali o corsi di formazione per adulti su sacramenti, preghiera, brevi percorsi di catechesi di iniziazione cristiana alle persone che ne sono digiune e che si accostano alla parrocchia. 

• Può essere utile anche proporre dei momenti di formazione umana, che aiutino le persone a saper meglio ascoltare e comprendere gli altri. 

• Gruppi di ascolto, come già descritti al punto 1. 

Altre proposte

• Mensa

• Trovalavoro

• Proiezione film di ambito cristiano 1 volta al mese

• Corso di pastorale sanitaria per chi si voglia rapportare col mondo della sofferenza

• Far conoscere la parrocchia nelle scuole, con offerta dei servizi. 

• Insegnare la partecipazione attiva, come per esempio lode e ringraziamento spontaneo, come testimonianza viva della presenza del Signore tra noi. 

• Canto: invitare i fedeli alla partecipazione anche mettendo i foglietti con canti della Messa ed eventuali prove 10 minuti prima per dare animazione con gioia. 

• Cestino (ogni tanto) si può far portare dal bambino accompagnato dalla catechista incaricata, per incrementare il senso del servizio e anche la disponibilità a donare.

• Il canto è molto apprezzato. Maggior animazione. Educare i cantori a scegliere le letture (?) adeguate. 

• Per i gruppi di giovani, ci si potrebbe collegare con gli insegnanti di religione delle scuole superiori per raccogliere i bisogni degli adolescenti e attivare relativi corsi 

• Chiedere ai sacerdoti di cogliere gli aspetti sociali e psicologici sottostanti a comportamenti di chiusura o oppositivi o denigratori dei giovani; essi potrebbero diventare esempi di vita capaci di motivare il cammino lungo strade di luce e benessere.

• Gruppo di preparazione dei canti per adulti 

• Incontri su varie tematiche con esperti religiosi 

4. Domanda (posta direttamente dal Papa). Come fare una formazione liturgica? Col sinodo ci si è accorti che non viene svolta, che è stata lasciata indietro, a privilegio della formazione catechistica.

• Emerge la necessità di un percorso di formazione stabile a livello liturgico per “cerchi concentrici”, dal gruppo di operatori pastorali allargandosi via via a tutto il Popolo di Dio. Si organizzeranno a tal fine anche giornate comunitarie e week-end di ritiro a Morlupo.

• La formazione liturgica deve essere fatta partendo dalla messa. In alcune messe particolari si possono spiegare le varie parti della messa, i luoghi della chiesa, illustrare i segni mentre vengono compiuti, i paramenti liturgici, la gestualità del sacerdote durante la messa, …

• Formazione liturgica per i ministranti. 

• Nella liturgia è spesso ignorata l’importanza della sacralità nel ricevere l’Eucarestia. 

Altre proposte 

• Catechizzando.

• Raccontare la vita di Cristo ai bambini, tramite un giornaletto a fumetti, creato dai più grandi (magari anche con l’aiuto dei genitori), per essere letto dai Cristiani del domani.

NOTE FINALI

Le idee espresse dai vari gruppi sono molteplici e variegate.

C’è senz’altro concordanza tra molte idee comuni ed immediatamente realizzabili con le nostre forze. Ve ne sono altre, indubbiamente valide, che necessitano di essere verificate sia nella reale necessità, sia riguardo l’opportunità di essere rese operative in un contesto parrocchiale, per non risultare uno “spreco di forze”.

Il Signore Gesù ci aiuti a discernere tra tutte le proposte pervenute, quelle che saranno più adatte a far sì che la Parrocchia sia sempre più vicina a tutto il quartiere, divenendone sempre più uno dei punti in cui sentirsi accolti, ascoltati, dove avere dei punti di riferimento stabili, dove potersi sentire “a casa”, riferimento spirituale e sociale del quartiere, che non offre, ad oggi, alcun polo di aggregazione.

Roma, 05/12/2022

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Verbale Consiglio Pastorale del 7/11/2022

La riunione del CPP inizia alle ore 21.

Sono presenti il parroco, il viceparroco, il diacono e 15 rappresentanti di gruppi e movimenti presenti in parrocchia.

L’ordine del giorno odierno viene principalmente dal cammino sinodale indicato dalla Diocesi di Roma. Il relativo sussidio da scaricare si intitola “Il primo servizio è l’ascolto” e si può reperire sul sito web del vicariato https://www.diocesidiroma.it/camminosinodale/index.php/documenti-cammino-sinodale-22-23/#

Punto 1. Situazione in parrocchia.

Nel periodo del post-covid molta gente ha capito che si può stare senza Dio. Pur senza avere paura del contagio, si è perso circa il 25% delle persone che frequentavano la messa prima del covid. Dopo il covid si sta verificando una rinascita ed un riavvicinamento delle persone, specialmente nei gruppi non strutturati. La parrocchia è pastoralmente viva, composta da gruppi parrocchiali e gruppi con leadership esterna (movimenti).

Uno dei problemi rilevati è quello di molte richieste di ricevere solo i sacramenti per sé o per i figli, ma senza un coinvolgimento con la parrocchia. Altro problema, in generale più esteso nel resto d’Italia, è che ci sono pochi preti. La tendenza romana è invece quella di avere molti sacerdoti stranieri studenti, che compensano temporaneamente la mancanza di vocazioni sacerdotali autoctone.

La parrocchia è formata in prevalenza da gruppi di coppie che vivono nel territorio. Queste generano una richiesta di circa 250 iscritti alle comunioni e di 110 iscritti alle cresime; i campi estivi adulti e giovani sono stati molto fertili. 

È un momento parrocchiale molto bello e fruttuoso, se lo facciamo fruttare.

Si avverte in parrocchia una prima crisi, di tipoeconomico/energetica. Il parroco esorta i gruppi a fare grande attenzione e buonsenso per limitare gli sprechi, principalmente per amore della parrocchia, che deve essere sentita sempre più come casa comune. L’amore passa anche per i piccoli gesti quotidiani.

La raccolta di offerte domenicali e diminuita sino a850€/settimana.

Per superare il momento di crisi, occorre vedere quello che non va bene in parrocchia e cambiarlo, anche a livello di rapporti tra i gruppi, al loro interno. Tenere ciò che non va, è inutile e fa sprecare energie pastorali.

Punto 2. Ministeri e catecumeni. 

Si dà conto delle vocazioni adulte presenti in parrocchia e del loro cammino verso l’istituzione ministeriale. Il parroco auspica che vi siano più vocazioni, anche dal lato dei lettori e degli accoliti.

Punto 3. Il primo servizio è l’ascolto.

Il cardinale, nella relazione al cammino sinodale, si è soffermato sulla letizia. Viene data lettura della scheda di riflessione, che sarà condivisa nei gruppi.

Le linea da seguire quest’anno sarà basata su Lectio tratte dagliAtti degli Apostoli, per darci il senso di Chiesa in missione. Il tempo di riflessione è fino al Giubileo del 2025.

L’immagine proposta è quella dei cantieri: sono sia votati alla costruzione o al restauro, a seconda delle diverse competenze. Il Parroco raccomanda di non avere fretta nel fare, ma di porre l’attenzione sull’apertura dei processi.

Primo cantiere

Verso quale cantiere? Quali mondi rimangono inascoltati?

Secondo cantiere

Casa. La parrocchia deve far sentire a casa. Gli operatori pastorali non devono vivere le proprie attività che intraprenderanno con l’affanno di Marta, e questo affanno non deve generare a sua volta affanno nei gruppi, nella preparazione della sala, delle celebrazioni, … c’è necessità di uscire da quest’affanno.

La chiesa esiste per l’annuncio del Regno di Dio, non per sé stessa. Stiamo qui per un servizio missionario, non per chiuderci nel nostro comodo recinto. I laici sono corresponsabili del presbiterio. Il parroco a breve rilancerà il ruolo del CPP e rinnoverà gli incarichi del Consiglio Parrocchiale per gli Affari Economici, che diventerà il governo tecnico della parrocchia. Siauspica che siano luoghi di autentico discernimento comunitario. 

Domanda: simpatia dell’attrazione della Chiesa, che funziona così e non per proselitismo. Se non funzioniamo così, non si sente amata. 

Il testo dice che i sacerdoti dissipano energie in ciò che non funziona più. C’è bisogno di essere attivi.

Terzo cantiere

Educazione e formazione. Formazione ministeriale e incremento di quelle mancanti. Quali sono i servizi e ministeri più apprezzati?

Domande per i membri e, nel prossimo mese, da sottoporre alla riflessione dei gruppi:

1: Verso quali ambienti vitali possiamo allargare il raggio di azione del nostro ascolto?

2: Che cosa possiamo cambiare perché gli uomini e le donne del nostro tempo si sentano a casa nelle nostre comunità?

3: Quali sono i servizi e i ministeri più apprezzati e quelli che si potrebbero promuovere nella nostra comunità cristiana? 

4 (posta direttamente dal Papa): Come fare una formazione liturgica? Col sinodo ci si è accorti che non viene svolta, che è stata lasciata indietro, a privilegio della formazione catechistica.

I membri del CPP hanno, di seguito, dato le seguenti risposte: 

Domanda 1

• assegniamo a noi stessi il compito di evangelizzare il quartiere e gli spazi vitali dove “non vogliamo andare”, nei posti più scomodi.

• Si può evangelizzare anche nell’Area cani di un parco giochi, anche solo con la propria testimonianza.

• Si può aiutare gli altri a pregare, che casualmente entrano in chiesa e non ne sono capaci. 

• Si potrebbe dividere la parrocchia in zone e fare le benedizioni per zone, organizzando poi dei centri d’ascoltonelle case, seguiti da catechisti o operatori pastorali, con messa periodica nella zona. 

• Uno degli ambienti, per esteso, è sicuramente quello delle famiglie dei comunicandi-cresimandi, definito come un “Villaggio che arriva dentro la parrocchia”. Dall’esperienza dei colloqui coi genitori, si conoscono le situazioni più disparate, da quelle ormai consolidate a quelle relativamente nuove, ed inizia la fase di accoglienza, da migliorare per non far abbandonare la parrocchia dopo aver ricevuto il sacramento. Per assistere le famiglie sicuramente i catechisti non possono limitarsi all’ora di catechismo, ma devono essere aiutati a capire e riscoprire che dietro la chiamata-vocazione c’è anche il prendersi cura delle situazioni di difficoltà, per cui l’altro si aspetta un aiuto. Questo non è compito solo del clero, ma soprattutto dei laici, chiamati alla corresponsabilità nella vita parrocchiale. Idea di coinvolgere i genitori per i servizi liturgici, in modo che sentano anche la corresponsabilità della liturgia. 

• Sempre sulle famiglie. La cura di cui hanno bisogno è impressionante. Moltissime già bussano per altre cose; se abbiamo l’astuzia pastorale di passare dall’idea di preparazione dei sacramenti al dopo sacramenti, dopo essere stato accolti, seguiti ed incoraggiati, troveremo un terreno fertile.

• Altro cantiere è l’accompagnamento al lutto e funerali dei fedeli che vivono questa situazione per un familiare. Sono meno visibili, perché vissuti privatamente, però bussano alla parrocchia in un momento difficile della fede. Il funerale parla direttamente a noi e mette in discussione la nostra vita.Una comunità che accompagna nella fede queste persone deve essere in grado di testimoniare la risurrezione, che è il cuore del messaggio evangelico.

Domanda 

• Le persone non si ritrovano nei modi della chiesa. Si sentono estranee, invisibili. Devono trovare nella chiesa persone che li accolgano e vivano modi più gioiosi di essere comunità. 

Domanda 3

• Uno dei servizi più apprezzati è stato quello del servizio d’ordine durante il periodo del covid. I fedeli sono venuti anche da altre parrocchie perché si sentivano più protetti che in altre parti, e accolti con attenzione.

• Una proposta è stata quella di fare una nuova modalità di servizio d’ordine, più orientato all’accoglienza dei fedeli in chiesa, mostrando cortesia, gentilezza, garbo, accoglienza. Cercare di non andare sempre di fretta. 

Domanda 4

• Emerge la necessità di un percorso di formazione stabile a livello liturgico per “cerchi concentrici”, dal gruppo di operatori pastorali allargandosi via via a tutto il Popolo di Dio. Si organizzeranno a tal fine anche giornate comunitarie e week-end di ritiro a Morlupo.

Sono durante la discussione emersi diversi filoni di riflessioni; l’accento è stato posto principalmente sui temi dell’accoglienza alla messa, l’attenzione ai funerali, la riscoperta della formazione liturgica.

Le stesse domande a cui i membri del CPP hanno risposto, saranno riproposte nei nostri gruppi di appartenenza. Durante questo incontro si chiede di essere in grado onestamente di dirci cosa non funziona più e quale atteggiamento occorre eliminare.

Le risposte alle domande saranno inviate dai rappresentanti dei gruppi alla mail del parroco step.bianchini@gmail.com, non oltre il 27/11/2022, per dar modo al parroco di preparare una sintesi da proporre nel prossimo CPP del 05/12/22.

Ogni domenica i ragazzi dei gruppi di comunioni e cresime, oltre al turno di preparazione liturgica, porteranno ciascunol’equivalente di un pasto completo per una persona, in cibo non deteriorabile. Questo per aiutare la Caritas parrocchiale, che non riesce più ad attingere alle riserve del banco alimentare.

Il CPP viene quindi aggiornato al 05/12/22 alle ore 21, con la partecipazione del Vescovo don Dario Gervasi.

Il CPP termina i propri lavori alle ore 22,30 circa.

Roma, 07/11/2022

La cultura della Riconciliazione

La cultura della Riconciliazione

8. Settembre, 2017News, QuaresimaNo comments

COMMENTO AL VANGELO DI DOMENICA 10 SETTEMBRE 2017 – XIII DEL T.O.

Vangelo   Mt 18, 15-20

Dal vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano.
In verità io vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo.
In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro».

FRA TE E LUI SOLTANTO

Il comandamento dell’amore che Gesù annuncia sempre nel Vangelo implica il perdono; poi, se possibile, dal perdono si passa alla riconciliazione. Nella comunità cristiana, L’Evangelista Matteo, dà per scontato che avvengano dissidi, peccati, divisioni e che qualcuno addirittura si metta fuori dalla comunione della Chiesa, deragliando dalla via dei comandamenti… L’insegnamento di Gesù come espressione del comandamento dell’amore, in questo testo, si estende fino a saper assumere il male di colui o colei che ci fa il male per poterlo ricondurre a noi, per poterlo ricondurre a Cristo. Ricondurre a Cristo è la vera Riconciliazione che si esplica concretamente nel dialogo faccia a faccia. Nulla a che vedere con il “chiarimento” – che spesso sa più di processo – di cui oggi tanto il mondo si riempie la bocca, quanto in un colloquio spirituale dove la correzione significa perdono dialogato con parole dette amorevolmente e docilmente, senza rabbia e senza odio… una dialogo che sappia porre domande prima che affermazioni: bisogna ritrovare urgentemente questa qualità di dialogo cristiano, non fatto di asserti ma di apertura a cercar di capire; se ci poniamo, con chi ci offende o fa del male, subito in modo aggressivo, questo dialogo riconciliante cristiano non funzionerà mai!

PRENDI CON TE TESTIMONI POI LA COMUNITA’

La comunità non scomunica il peccatore, ma gli fa capire che già si è posto fuori dalla comunione, in modo che possa tornare. Trattare un peccatore pubblico da pagano non significa escluderlo, quanto invece ricominciare da capo ad evangelizzarlo. Dargli sempre un’altra possibilità! La responsabilità dalla comunità è grande, anzi è sacramentale. La comunione, che in tutti e sette i sacramenti, special modo nell’Eucaristia, è mistero di unità richiede la conciliazione e la riconciliazione. Ciò non significa assecondare tutte le richieste o i desideri di chi devia, quanto invece sempre annunciare nella carità la Verità che è rivelata.

Quello che legherete sulla terra sarà legato nei cieli: la comunità ha questa capacità misteriosa di assumere chi è scelto per il Regno dei cieli. Rompere la comunione con il nostro prossimo, che spesso facciamo per giuste ragioni, a buon motivo, è capovolgere questo messaggio del guadagnare il fratello e la sorella che non sono come te, che non sono come me… che la pensano diversamente da te, che la pensano diversamente da me. La differenza delle idee non può dividere le persone, come spesso succede nelle nostre comunità. Ci si può battere, discutere e anche litigare per le idee, ma senza rompere la comunione; perché la comunione è Divina, è sacramentale, è garanzia della Presenza alta di Dio nella comunità.

L’ammonizione o correzione fraterna ci interpella sulla modalità con cui ci rapportiamo con colui o colei con cui crediamo che sbagli… E se avesse ragione lui, e se avesse ragione lei…? La modalità con cui correggiamo o ammoniamo il nostro prossimo trova almeno una possibilità di essere ascoltati, tanto quanto il nostro intervento è credibile: è fatto con carità e in “punta di piedi”… senza presupporre di aver per forza ragione… Il mio modo di correggere e ammonire il prossimo, è credibile? Mi accorgo che spesso rimango inascoltato o inascoltata perché il mio modo di correggere e di ammonire è “sbagliato”? Nell’ammonire o correggere il prossimo, mi chiedo innanzitutto: Dio come la pensa? Cristo cosa vorrebbe? Ma quanto spesso rompiamo la comunione con il nostro prossimo solo per cose superflue che diventano vere e proprie fissazioni? Non è forse più importante la comunione con il mio prossimo più che fissarmi su ciò che ritengo sia importante?

IL CAPOVOLGIMENTO DELLA RICONCILIAZIONE CRISTIANA

La Riconciliazione è benedizione! Cristo ci dona un modo: parlarne tu per tu, poi davanti a due e tre testimoni e alla fine con la comunità. Oggi nel nostro occidente, dove l’informazione corre sull’onda del secondo, questo modello evangelico è completamente capovolto. Oggi si è fatta della calunnia e della diffamazione, anche mediaticamente, un normale strumento di vendetta pensando che corregga, in realtà incattivisce ancora di più… Siamo nel mondo dove conta l’opinione e non la Verità: e per noi la Verità è Cristo. Siamo in un mondo che chi sbaglia, almeno in modo presunto o sconosciuto, viene subito scomunicato e messo alla pubblica gogna dei mass media, al secondo su internet. Questa gogna e scomunica, metodo completamente contrario al Vangelo, è maledizione, per un cristiano è bestemmia! Bestemmia perché il calunniato non si puo’ difendere e chi è esposto alla gogna non può più redimersi da una etichetta ormai impressa su di lui. Il Vangelo ragiona al contrario perché chiunque può redimersi; la parola REDENZIONE è il contrario della UMILIAZIONE MEDIATICA fatta anche “giustamente” sul livello umano. Quanto è più facile ma quanto più vigliacco è smascherare il nemico in sua assenza! Il Vangelo in un altro passo pone l’accento addirittura su questo: mettiti presto d’accordo con il tuo nemico… prega per i tuoi persecutori… ama i tuoi nemici…

Siamo chiamati a promuovere una cultura della riconciliazione, della tolleranza delle idee diverse, del tenere per noi gli scandali che vediamo senza amplificarli con le chiacchiere anche se fatte nelle stanze più segrete, a scoprire la bellezza della riconciliazione con chi abbiamo dei dissidi anche enormi… E se l’altro non ti ascolta? Sia per te come un pagano: cioè bisogna pregare per lui e testimoniargli di nuovo il Vangelo.

LA BELLEZZA DELLA COMUNIONE LEGATA

Quanto può essere bella la pace con chi non credevamo si possa stare in pace?! L’Eucaristia che celebriamo è vincolo di questo legame con il nostro prossimo. E’ inevitabile che succedano scandali e litigi, è inevitabile avere idee diverse anche su grandi cose… Ma quanto è bello stare insieme nonostante la diversità di vedute! Quanto è belle parlare tu per tu, faccia a faccia – nella carità – con la persona con cui abbiamo litigato o correggerla e ammonirla se è nello scandalo. Quanto è bello vincere le guerre fredde che spesso si istaurano tra le persone sapendo che dove due o tre sono riunite nel Suo nome Cristo è in mezzo a loro! Soltanto allora gusteremo quel pane Eucaristico che tutti unisce, che tutti ci fa fratelli e sorelle, che tutti ci fa figli di Dio e destinatari della misericordia del Padre. Correggere e ammonire significa trasmettere quella misericordia che Dio ha donato a me…Quanto è importante sentirci imperfetti davanti a Dio e al prossimo: perché questo ci riporta al posto che occupiamo nell’ordine delle “cose”… Vi lascio la pace vi do la mia pace, non come fa il mondo, Gesù dichiara nell’ultima cena: amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato.

 

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